Due lunghissime tracce strumentali che galleggiano su uno schema radicale e contemporaneo di rumorismo mai invasivo
Per essere una dedica alla città di Torino, sembra abbastanza contorta e come minimo accigliata. “Doropea” di Fabrizio Modonese Palumbo (già con i Larsen, a loro volta già con gli Xiu Xiu, per dire il percorso artistico di un musicista che sa come raccontare tensioni, ombre e spaventi) è un lavoro atipico nelle intenzioni e nello svolgimento. Due lunghissime tracce strumentali che galleggiano su uno schema radicale e contemporaneo di rumorismo mai invasivo, in cui le dissonanze sono ossessioni tenute sullo sfondo mentre in primo piano si alternano sonorità morbide e progressioni di malinconia.
Il lavoro comincia con un brano che regge il discorso attraverso un pianoforte spettrale che smussa i feedback dei synth e dona una grazia e un’eleganza che di default si direbbe sabauda - un’affermazione che in questo caso non sembra un luogo comune. La seconda elabora un suono ipnotico e a tratti immaginifico (puntellato qua e là da un russare sgradevole e da una melodia accennata sottovoce) che si evolve fino a trasformarsi in una versione scarna dei Fuck Buttons. “Doropea” insomma descrive una Torino senza parole, senza appigli, senza confini. Un posto dove non c’è spazio per il sole ma soltanto per nuvole nere a perdita d’occhio.
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La recensione Doropea di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-06-01 08:00:00
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