La guerra non è nient'altro che la politica dello Stato proseguita con altri mezzi […] è la politica che ha creato la guerra. Essa è l'intelligenza mentre la guerra è semplicemente lo strumento.
Queste parole di Carl von Clausewitz contenute nel celebre "Della Guerra" cristallizzarono nella prima metà dell'800 quello che già avevano espresso Machiavelli e compari riguardo la subordinazione della guerra rispetto alla volontà del principe, dello Stato, e quindi della politica. Quando si parla di guerra è dunque inevitabile parlare anche di politica e "Fine dei giochi", in quanto incentrato sulla guerra, è allo stesso modo anche un disco che parla di politica, anche se sotto i riflettori sono trascinati soprattutto i ricatti che essa riserva alla società, costringendo coloro che la vivono a una scelta obbligata, destra o sinistra, in alto o in basso, cane o gatto, e magari a te piacciono le scimmie.
Deal Pacino risponde a questo ricatto con un'alternativa. Scendere in campo e combattere, ognuno per la sua causa, ognuno con i mezzi di cui dispone, solo così sarà possibile raggiungere una certa emancipazione dal ricatto e solo così sarà possibile salvare noi stessi dall'immobilismo. Ognuno ha il proprio ring e la sua guerra da combattere, più o meno proporzionata alle sue forze. Possiamo scegliere: salire o restare a guardare l'avversario che si beffa di noi e continua a ricattarci.
Occorre a questo punto scegliere le armi e la strategia. Deal Pacino già da qualche anno ha scelto la musica. Ecco perché "Fine dei giochi" appare come la fine di un capitolo, è come se dopo tanti anni a scrivere canzoni e a salire e scendere dai palchi il rapper cresciuto a Ostia abbia deciso di tirare qualche somma e dare qualche risposta definitiva, almeno per quelle che sono le sue esperienze personali maturate fino a oggi.
Ci sono varie prese di posizione all'interno del disco, molte ovviamente legate al mondo del rap, ma oltre al grido di resistenza lanciato per incitare il suo pubblico a combattere per il proprio futuro, due sono le riflessioni manifestate dal membro Rapcore che meritano una menzione speciale, entrambe causa diretta del gioco della politica sulla nostra società.
Pacino agisce così: prima presenta il problema, prima spiega di cosa sta parlando e ci costruisce un brano sopra, e subito dopo, nella traccia successiva, esprime chiaramente la sua posizione a riguardo. Questo succede con "Money Ecstasy" e "Non aver paura" e succede anche in "Soli in guerra" e "Sparare insieme". Nel primo caso si parla di soldi: passiamo il tempo a volerne di più, come i tossici, intrappolati in desideri che non riusciremo mai ad avverare. La risposta a questo problema, fornita in "Non aver paura" è priva di retorica. Deal Pacino non incolpa il materialismo, non mette in piedi l'ennesima storiella sull'accontentarsi di ciò che abbiamo. Vuoi una cosa? Te la vai a prendere, o almeno ci provi: non invidiare i soldi degli altri, lavora per farli. È più di un semplice consiglio, suona più come un mandato.
In "Soli in guerra" il rapper descrive la solitudine che accompagna il conflitto, ognuno con la sua di battaglia, ognuno con le proprie forze. La nostra ragione di guerra può però essere anche la ragione di altri e possiamo decidere (un'altra scelta) di sparare insieme e condividere i nostri problemi.
Essendo un disco che parla di guerra le atmosfere ricreate in "Fine dei giochi" sono necessariamente crude e ispirate, capaci di sorreggere alla perfezione i pensieri di Deal Pacino sia nei momenti più riflessivi che in quelli da battaglia. Allo stesso tempo il rapper si è dimostrato ancora una volta abile nel mettersi in gioco e sperimentare nuovi approcci al microfono apprezzabili soprattutto nel lavoro fatto sulla voce e sulla ricerca melodica, ma anche nell'uso di flow e metriche che si distaccano leggermente dagli ultimi lavori. Dopotutto il rap si evolve, la musica si evolve, e una delle guerre di Pacino si combatte proprio su questo ring e sarebbe inaccettabile farsi trovare impreparati.
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