“Trascend” fa partire il trio Inner Scent nel modo migliore. C’è una voce carica e teatrale, una sezione ritmica di basso e batteria regolare ma efficace e un violoncello che sembra un sax jazzcore: pare di sentire una versione semplificata però ugualmente tosta dei Blue Willa. L’approccio da punk cabaret si perfeziona con “You Won’t Squeeze Me”, un noise bizzarro e imbizzarrito: parte, arretra e rilancia, schiaffi in faccia e carezze nascoste, strutture soniche che cedono e si riallineano seguendo gli sbalzi umorali della cantante. “Burning Cities” è l’unica traccia che mostra qualche limite nella formula della band. Manca tessuto, forza e compattezza nell’arrangiamento: sarebbe bastato probabilmente un fuzz alla linea di basso per dare maggior vigore al pezzo e a riempire certi vuoti d’aria. In generale, comunque, “Even If” è un disco valido, opera di una formazione inusuale e piuttosto coraggiosa. L’impressione è che dal vivo a volumi giusti questi brani possano scuotere ancora di più.
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