L’umore del disco è tracciato da un pianoforte introspettivo che segna il solco su cui si svilupperanno i brani. Melodici tastieroni anni ’80 a fare da tappeto mentre il basso pulsa su ritmi lineari a tratti quasi funk. Le chitarre portano giri quadrati mai troppo al di sopra degli altri strumenti, contribuendo a definire un sound mai eccessivamente chitarristico, bensì molto compatto e uniforme. La parte strumentale si avvicina a un progressive a tratti essenziale, a tratti un po’ barocco, riproponendo il classico limite del genere.
Mi chiedo perché il gruppo abbia scelto un nome così pretenzioso, soprattutto perché richiama un genere da cui è decisamente lontano. Avanguardia dovrebbe essere superamento delle forme e ricerca di strumenti espressivi che vanno “oltre”, “avanti”. Al contrario si punta molto sulla costruzione di canzoni basate sul classico schema strofa/ritornello, nonostante la presenza di parti strumentali ben incastonate dentro forme solide e accuratamente arrangiate.
Il cd mostra un tensione espressiva tra la scrittura di canzoni e la ricerca di parti strumentali, dove a farla da padrone è sicuramente la prima. Purtroppo il risultato non è molto incisivo, spesso prevedibile. Decisamente più interessanti le rade aperture verso lidi più introspettivi e ricercati. Un’incompiuta sintesi tra new wave e progressive, un sofferente punto d’incontro tra proclami esistenziali e urgenza espressiva, ma alla lunga stanca…
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La recensione al di la del mare di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-14 00:00:00
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