È il terzo disco dei Betrayers, questo "Raging Sounds". Nomen omen, come si suol dire: i "suoni rabbiosi" del titolo non smettono infatti, neanche per un secondo, di tenere in tensione l'ascoltatore, lasciandolo con pochissimo tempo per riprendere fiato.
I quattro ragazzi genovesi hanno in mente un particolare tipo di suono da far uscire dai loro strumenti; per questo motivo è piuttosto semplice riuscire a capire gli ascolti che più li influenzano. Si va dal grunge anni '90 (Soundgarden) al metal che ricorda gli anni d'oro di compagini simbolo del genere, quali Metallica e Megadeth.
Tutto il disco è suonato, ma soprattutto cantato piuttosto bene. Il cantante è nato per questo genere, tanto che sembra provenga proprio dagli anni a cui si rifà l'album; ma soprattutto perché la pronuncia dei testi, tutti in inglese, perde pochissime volte smalto.
"Raging Sounds" fila liscio, ma purtroppo non suscita particolari emozioni. A parte "Weed Goddess", divertente sperimentazione rock'n'roll tra schitarrate molto più pesanti, i Betrayers si limitano a svolgere il cosiddetto compitino: c'è tutto tranne la voglia di personalizzare ciò che si suona, per distinguersi dai propri modelli.
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