Questo "skinhead" non è di certo un novellino. Malam, classe 1980, rapper, beatmaker, breaker. Fa parte della cultura hip hop made in Sardegna fin dagli anni '90, ha alle spalle diversi tour, festival e collaborazioni che lo hanno reso noto nella sua isola. Grazie al supporto della sua crew e dei suoi fan nell'aprile 2015 pubblica "Introspezione", un album che riassume la vita e la visione del mondo che il rapper ha acquisito negli anni di gavetta nello scenario hip hop sardo.
L’album si presenta con un artwork molto affine a quello che è il titolo ma la grafica ricorda molto lo stile di FR3NK, designer della Machete Productions, celebre per le scenografie, la grafica e il merchandising di Salmo, anche lui di origini sarde.
L’album è composto da 14 tracce che vedono qualche collaborazione e riferimenti a sonorità della vecchia scuola del rap italiano. Apprezzabili le parti in cui viene inserito lo scratch, è raro sentirlo negli ultimi anni, ma cosa rappresenta meglio il genere hip hop di un vinile ben campionato e fatto sbalzare su un giradischi?
Malan in questo album esprime se stesso con la sua rabbia, le sue barre, il suo flow, la sua metrica, ma a volte non riesce a essere del tutto incisivo. A parte il tono di voce, rauco, cupo, frutto forse di troppi whiskey e sigarette, e in finale un po’ superato, gli incastri metrici non sempre funzionao, qualche punch line ben inserita sul beat avrebbe dato più valore ai testi e alle tracce stesse. Anche le rime risultano spesso un po’ ovvie ma rientrano nel suo modo di esprimersi, diventandone una caratteristica.
“Cerco risposte sepolte con un vinile al tuo fianco”: la traccia “Posso sentirti” è un canto straziante e doloroso, una poesia arrabbiata dedicata a un compagno di viaggio morto e una riflessione su quella che è la nostra vita e su cosa ci aspetta dopo la morte. L’atmosfera creata dal beat con pochi bpm e il vinile che accompagna il tutto ci porta nella sua realtà un po’ triste e amareggiata. Ma è nella traccia d’apertura “Fallo adesso” che risalta davvero il suo intero stile. Anche qui immancabile lo scratch, brevi strofe di sfogo riguardanti il dolore e il sacrificio di una vita dedicata alla musica ma la proiezione di un futuro (forse) migliore. Nella traccia “Adiosu” in dialetto sardo, parla del suo paese e di come la realtà che lo circonda lì non lo soddisfi. Un testo a tratti punk, di rivolta e di indignazione. Parla di una terra spopolata, abbandonata e di come andare via sia l’unico modo di redenzione. Forse farebbe meglio a rivalutare la sua Terra, perché la storia ci insegna che senza delle salde fondamenta è alquanto difficile costruire palazzi.
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