Chi di voi, come me, è nato prima degli anni '90, non può aver dimenticato la prima boy-band made in Italy: i Ragazzi Italiani. Io me la ricordo, Attilio Fontana era uno di loro: capelli lunghi e neri, vestiti eleganti e passi di danza sincronizzati con i compagni. L'artista in questione, seppur abbia trascorso gli inizi della sua carriera nei RI e di recente abbia vinto la trasmissione televisiva Tale e Quale Show, ha realizzato – registrandolo interamente in analogico - un album pop, ma non nel senso mainstream del termine. Al contrario di quello che si potrebbe pensare infatti, si tratta di un disco pop inteso in maniera personalistica e ricercata, un po' come, in modi e in tempi diversi, hanno saputo fare Lucio Dalla, Samuele Bersani e Rino Gaetano.
Questo secondo lavoro solista però non è omogeneo, nel senso che la prima e la seconda metà sembrano essere state scritte in due momenti diversi: i primi sei brani sono smaliziati un po' retrò. In “Canzone bella” il tempo si è fermato negli anni '50, lontano da selfie, social network, Spotify e Youtube: ci sono swing e suoni bassi e pieni, che proseguono nelle atmosfere decisamente più scanzonate di “Wanda” e “Formaggio”. "Il mare" è un brano malinconico, fotografia di un ricordo sbiadito portato dalle onde. I successivi sei invece sono di impronta più classica, quasi sanremese: “In equilibrio” - scritta e cantata con Ilaria Porceddu - e “Marisa” su tutte. In questa seconda parte, oltre a qualche accenno di bossanova sparso, è presente addirittura una cover del “Triangolo” di Renato Zero riarrangiata in versione swing, cosa impossibile anche solo da pensare fino a quando non si ascolta. Non sempre cambiare equivale a migliorare, in questo caso però direi di sì.
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