La poesia delle piccole cose.
Le cose che preferisco sono piccole, forse poco rilevanti, sono i momenti intrisi di poesia che poi alla fine svaniscono e contano per il tempo in cui ci sono: il temporale guardato da dietro i vetri, camminare sulle foglie cadute e assorbire il rumore dell’autunno mentre si spezzano croccanti, sedermi sulla cima del giorno e guardare giù le ore trascorse senza grandi scosse, e immaginare che domani sarà illuminato da emozioni inattese. Mio figlio che impara ad andare in bici, una sera d’estate a ricordare i fasti di gioventù con un amico, ascoltare un disco come questo che cancella subito tutto il resto per ottenere ogni attenzione.
A dieci anni dall’ultimo album, dieci anni trascorsi comunque nel mondo musicale, Pino Marino torna con undici raffinati episodi trascinati dal pianoforte e ricchi delle sfumature di mille altri strumenti, dove le parole sono soffiate nella giusta misura per incastonarsi morbide tra le note, e gli umori sono le mutevoli gradazioni di una sottile malinconia, di uno sguardo che mira sempre troppo lontano. “Il fatto delle cose” è una specie di bellezza particolare, non invadente ma che piuttosto si insinua col tempo, con gli archi , lieve nei suoi tocchi minimali eppure così profonda, l’ho già nel cuore; “Non basterà” aggiunge una sezione ritmica, assume una postura più classica da cantautorato, mantenendo però il distacco dalle soluzioni più ovvie, proseguendo sulla strada di una ricercatezza che non sta in chissà quale trovata ma nelle piccole cose.
“150 briciole” possiede un che di pop, non solo nel finale, e la voce sembra prendere più spazio, “Dimenticare il pane” ha il sapore di una piazza sul finire della festa, “Distanza di insicurezza” gioca coi suoni e s’inventa filastrocca, per quelle notti in cui non riesci a prendere sonno e vorresti salire sui tetti a ballare leggero. “L’uomo, l’angelo e il quadrante del mondo” chiude il lavoro sfiorando l’apice di quella sottile malinconia, lasciando la viva sensazione di aver attraversato temporali, viali di foglie, giorni perduti: le cose che preferisco, che in fondo poi, così piccole non sono.
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La recensione CapOlavoro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-09-14 08:00:00
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