A tredici o quattordici anni pensavo che il mio tempo libero dovesse ruotare soltanto attorno ad un pallone e alle fidanzatine di turno, poche per la verità. Un bel giorno poi, in un fumoso pub di una triste cittadina inglese, ascoltando il concerto di una cover band del luogo, ebbi modo di scoprire le canzoni di due gruppi, per me allora sconosciuti, gli U2 e i Police. Me ne innamorai subito e smisi di pensare soltanto al pallone. Giovane e squattrinato, come un qualunque quattordicenne, iniziai ad avvicinarmi alla musica, quella vera. E iniziai proprio da quei due gruppi che avevo appena scoperto, gli U2 e i Police.
Ascoltare oggi questo demo dei PROTEO per me è come tornare indietro nel tempo, a quegli anni, ai miei primi approcci alla musica, un tuffo nel passato: questi tre brani, nuovi di zecca, suonano, infatti, così dannatamente vecchi. Suonano esattamente come se fossero dei vecchi brani dei Police o degli U2 dei primi album e mostrano una stretta parentela con il rock progressivo degli anni settanta, strizzando sovente l’occhio a Genesis e Pink Floyd. Questo è lo scenario musicale dal quale i PROTEO attingono a piene mani e che ripropongono nei loro brani, con delicatezza, buon gusto e tanto, tanto, tanto rispetto. Troppo rispetto. Al punto di rischiare di assomigliare a tratti ad una cover band. E così è sufficiente una manciata di note e qualche accordo di “Australia” per far tornare alla mente l’intero repertorio dei Police, nella fattispecie due brani “Wrapped around your finger” e “Walking on the moon” per quanto concerne la lunga coda strumentale. Un’analoga considerazione potrebbe essere estesa a “Robota”, sfogliando le pagine del calendario in avanti e fermandosi alla metà degli anni ottanta, andando a ripescare qualche vecchio brano dei Simple Minds.
A costo di ripetermi, bisogna riconoscere ai PROTEO la capacità di sapersi muovere in questi ambiti musicali con agilità e bravura. Questo loro demo si lascia ascoltare con gusto, ma questi continui ed espliciti riferimenti ai “maestri” sono una nota dolente, pesante come un macigno, perché fanno apparire questi tre brani privi di una personalità ben definita, troppo “ancorati” ai modelli. In altre parole, tre brani che non camminano sulle proprie gambe, tre brani originali che assomigliano a delle cover. Perché non provare ad alzare il tiro, mettendoci di più di sé stessi, più personalità?.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-23 00:00:00
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