Questa recensione doveva iniziare con uno stroncamento. Con un appiattimento da tostapane. Ho cominciato a scriverla in una sera di inflessibilità e di corde tese. La riprendo oggi con un sorriso scemo in faccia, in una giornata in cui oltre a piovere col sole riesco a tenere accesa la tv su Trl: e allora si che è tutt’altra storia. Catchy è il primo termine che mi viene in mente per descrivere Angelo Elle e la sua band, connubio di semplicità pop quasi estenuante e affinate capacità melodiche senza troppe pretese. Insistente è il secondo,anche quando sta li a disquisire sulla banalità della costruzione dei testi e delle sonorità,e anche quando pensi “ma dove va questo schitarrato da panchina nel parco”, non puoi farci niente e non resta che rassegnarti all’evidenza: una predisposizione da hit radiofonico e easy-pop accattivante 'nonostante tutto', marcano il suo "Mi sono perso a Woodstock".
Volendo essere cattivelli, Angelo Elle è quello che MTV alle 4 p.m. vuole. Ma anche quest’affermazione ha la sua relatività, a seconda che siete tra quelli che considerano l’Italia apocalisse e furore di decadenza, impasto di tormentone estivi, sforna canzoni-copia di modelli britannici senza che nessuno se ne accorga..
Ma ecco Angelo Elle, a salvarci dall’imbarazzo e a rifilarci altro che pan, veri e propri bucatini per focaccia. Un innaturale contraddizione ossessiona il mio giudizio per questo personaggio: il suo essere scanzonato-sha-la-la- come un pollo allo spiedo(una specie di Olmo uscito dal conservatorio in “Devo”), eppur ne fa un personaggio vendibile e godibilissimo. Il suo “ripieno”è appetitoso e cucinato da mani provette: cantautorato domestico dalla visibile e rara intonazione, evidente nell’abilità giocosa con cui ne sfrutta le sfumature fino al limite delle disarmonie lo-fi (la“Fragile”blues ne riporta le tracce)e spirito “so 90’s” da sabato sera in pizzeria con gli amici. Mi viene quasi automatico vederlo con chitarra su una panchina al parco, un po’ svogliato, a tratti distratto, dall’approccio mezzo loser mezzo rockstar che parla con le papere del laghetto. Click. Ecco già il video in programmazione. La ricetta ingloba tutta la semplicità e le promesse del quotidiano: odore dell’erba da calcetto del venerdì, emoticons style, serenate, “m’ha lasciato per un tipo che c’ha il jet privato”, quadrati un po’ tondi, e conversazioni base tanto per non sfigurare nelle interviste. Nessun ecatombe di talento né endorfine mosse allo spasmo, solo(ma non è poco) normale pop fatto da un normale e prevedibile ometto di Latina a un passo per sfornare il singolo giusto. Manca il pur sempre auspicato tocco d’anima, una profondità un po’ intellettuale, pregnante, fascinosa, sognante,evocativa, sintomatica/assuefativa, perché dietro l’angolo è il rischio di diventare (ahimè)un altro Neffa sotto la metropolitana a cantare echi di qualche “I miss you”rollingstoniana a discapito di tutto. Ma per queste cose, il marketing aggiusta sempre tutto e non ne farei un dramma. Di certo, se siete in cerca di relazioni serie e durature Angelo Elle non è il vostro tipo ideale: ma state sicuri tra un tira e molla non smetterà di provarci e alla fine non è detto che non cediate.
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La recensione Mi sono perso a Woodstock di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-27 00:00:00
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