Il sonno della ragione genera mostri che l'electropunk della Brigade Bardot intende sconfiggere
Discopunk anni ’80, invettive proprie e di terze, spesso autorevoli, parti e la volontà di fungere da sveglia (a orologeria) per l’homo oeconomicus che passivamente è protagonista in negativo della società del 21° secolo. Sono questi gli elementi principali – e a tratti i soli – con i quali è stato pensato e costruito “Prima risoluzione Strategica”, controverso ep d’esordio della Brigade Bardot. La band, di stanza tra Milano e Bologna, si pone l’obiettivo di “aprire delle possibilità di reindirizzare qualsiasi significante verso nuovi significati, svalutando l'uso di ogni simbolo - di lotta e di governo - per riconvogliare esso stesso in un'ottica meta-rivoluzionaria” e lo fa attraverso 5 pezzi in cui a fare da padrone sono sonorità elettroniche d’altri tempi. La traccia d’apertura è un mash-up di registrazioni audio di vario genere, in cui è facile scorgere il famoso discorso di Steve Jobs ai laureandi della Stanford University, qui riprodotto in loop per buona parte del brano. “Primo Comunicato” risulta molto simile alla precedente, come suoni e come forma, mentre è nella successiva “Boko Haram” che si intravedono le prime e quasi uniche parvenze di un cantato violento, ruvido e distorto. Sembra essere estratto dalle pagine di un libro invece il testo di “Anche l’Abisso Guarda”, pezzo che più che cantato, viene recitato dalla band che riesce a distinguersi grazie ad una dialettica nichilista e dissacrante. “Prima Rivoluzione Strategica” rappresenta un primo tassello discreto per ideologia e messaggio di critica antropologica che si propone di trasmettere, attuale nei contenuti, ma un po’ indietro nella forma, in parte ripetitiva e agganciata a un immaginario punk fuori tempo, ma imprescindibile per i nostalgici dei CCCP e del movimento di quegli anni.
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La recensione Prima Risoluzione Strategica di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-09-02 00:00:00
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