Santino Cardamone ha sbancato X-Factor. La sua “Amsterdam” è riuscita a mettere d’accordo tutti, giudici e social: i primi hanno apprezzato senza riserve, dalla rete son caduti like come se piovesse. Tutto molto bello. Il cantautore calabrese si è meritato questo ben di dio, e d’altra parte un quarto d’ora di celebrità non lo si nega a nessuno. E poi perché fermarsi a quindici minuti? I talent show son fatti per sognare…
Diciamolo subito, all’interno della tracklist di “Uomini ribelli” “Amsterdam” non c’è. Ed è un peccato, perché avrebbe svolto un ruolo fondamentale: quello di impreziosire e fornire maggiore sostanza a un album posseduto da un istinto forse eccessivo, che sembra scritto e interpretato con troppa foga. “Uomini ribelli” traballa dal punto di vista dei testi, a volte sin troppo scialbi, per giunta attraversati da derive fantozziane (“Ben venghino le critiche”, recita “Il mulo”), anche se non si può non apprezzare lo sforzo di trattare argomenti forti quali la mafia o il lavoro.
Poi c’è il musicista Cardamone, con la sua voce indefinibile (già, meglio non definirla…), che accompagna le proprie riflessioni ricorrendo a tutto l’armamentario a disposizione: l’acustico intimista, lo stornello, il rock and roll, il cantautorato più o meno classico, il blues, la tradizione. Il primo Vinicio Capossela, Tonino Carotone e Fabrizio De Andrè i punti di riferimento più evidenti. Rimescolati in arrangiamenti non sempre centrati, a volte raffazzonati, il che non impedisce l’emergere di un gioiellino come la sofferta “Core e brigante”.
Come si sarà capito, Cardamone non ha dalla sua un talento smisurato, in compenso l’innegabile aura da guascone, l’ostentata calabresità e la voglia di divertirsi gli consentono di salvare in qualche modo il risultato. E poi non si sa mai che con i consigli di Elio e compagnia non si possa puntare a un deciso salto di qualità.
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