Avendo una manciata di idee e una chitarra si può arrivare dappertutto. Davide Ravera probabilmente non ha la pretesa di arrivare di molto al di fuori da Modena, raccontando storie vere e stropicciamenti interiori con un fare da rivoluzionario anni '90.
"Gospel" è il titolo di questo disco di 14 canzoni, e come il gospel ruota attorno allo spirito, lo fa come una giostra arrugginita e sghemba, imperfetto anche se pieno di sentimento.
Religione e strada, Ravera è un cantautore busker che vuole giocare con le proprie radici emiliane, mettendole sul pentagramma in modo che la stesura dei pezzi diventi una sorta di canto popolare. Esorta a leggere il vangelo ("Dovresti leggere di più il vangelo") come farebbe un Giorgio Canali con la tonaca, in una spece di predica-aggressione che in verità è un autosostentamento in mancanza di un amore distante. Invita a bere "Cose calde" che confortino quantomeno il palato, se non il cuore, con un tiro reggae leggero in pieno contrasto con la durezza delle parole usate, un tradimento finito nel sangue tra un sorso e l'altro del tè delle 5.
In "Gospel" c'è il cantautorato rock intanso alla Fossati in "Io, lui, lei e l'altro", tra i migliori brani anche "Canzone ruvida", un testo emozionato che rende partecipi e fa rivivere gli attimi descritti, nelle poche note arpeggiate prima, nel ritmo crescente poi, di "un'Emilia ruvida di nome e di fatto in cui un bloody mary diventa un diluvio". "Amore chi, amore cosa", è la canzone d'amore della possibilità protesa nella speranza, i continui "se tu mi amassi davvero" diventano struggenti sulla sola melodia di pianoforte, ma il magone non si riesce a sciogliere perché in "Via della Cerca" gli incubi sentimentali si irrigidiscono e rimangono lì a imprigionare.
L'enfasi che mette nel cantato Davide Ravera è notevole, si percepisce un vissuto trasporto nei testi che purtroppo è fortemente smussato dal missaggio non esemplare, la voce è troppo vicina all'orecchio di chi ascolta e non si lascia esaltare dalla musica, che dovrebbe avvolgerla ed invece la spinge fuori. La zeppola alla Max Gazzè si accentua così in maniera inutile.
C'è un mondo oscuro dentro questo disco, un dolore da leggere tra le righe, Ravera ha molto da dire e sa anche trovare le parole giuste, gli arrangiamenti sono quasi sempre azzeccati ma non emergono come dovrebbero, nella sua complessità "Gospel" è un disco di buona fattura, manca un po' di attenzione in più in fase di post produzione per mettere le ali ad un prodotto stilisticamente pronto.
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