Brutto esordio per un cantautore pugliese indefinibile
È un mondo oscuro quello di Luca Mercurio, una nebulosa musicale alla ricerca di identità. "Come erba" è un disco che lascia perplessi, un esordio che convince decisamente poco per il debole legame tra musica e testo e per gli arrangiamenti freddi poco coinvolgenti. Le carte potevano essere giocate diversamente.
Le dieci canzoni contenute in questo lavoro sono mattoni fragili, cantate con uno stile poco moderno e spesso stonando, la cifra stilistica del teatro canzone è generosa nelle licenze poetiche e anche in quelle dell'intonazione, ma quando Mercurio esce dalla carreggiata melodica canonica, salta all'orecchio più come un vero e proprio deragliamento.
Nei testi si raccontano disagi quotidiani, innamoramenti, si interpretano il rancore e la rabbia popolana, lo sfodo è un sud Italia incassato su se stesso e strillante di fatica, i torti trascinati per i capelli in sceneggiati alla Massimo Ranieri, i pochi momenti realmente poetici filtrati in un mood da Branduardi ubriaco. Manca il vero pathos, manca quel fattore impresindibile per il genere cantautorale che risponde al nome di spessore.
La composizione musicale di brani come "L'alternativo" o "Dentro i cieli del tuo cuore" include parti di sintetizzatori e batterie elettroniche che sarebbero state più efficaci se suonate da strumenti veri, violini e grancasse più consoni al folk-pop da menestrllo del cantautore pugliese. "Come erba" rimane un oggetto misterioso, costruito con noncuranza nei confronti dell'attuale, ma seguendo schemi del tutto anacronistici per negli anni '10.
Questo potrebbe in alcuni casi essere un valore aggiunto e potrebbe rivalutare l'intero disco collocandolo in un panorama punk rivoluzionario ma, la voce così fuori, è imperdonabile. Questo album d'esordio è un passo falso in partenza.
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La recensione Come erba di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-10-21 00:00:00
COMMENTI (1)
È interessante notare come, di fronte a un linguaggio musicale che esce dai binari temperati della prevedibilità, si preferisca scomodare lo “stonato” piuttosto che confrontarsi con un'espressività diversa, meno addomesticata. Parlare di intonazione come fosse una linea fissa e indiscutibile è un'illusione occidentale, figlia della scala temperata e di un orecchio educato più alla pulizia da studio che alla verità delle emozioni.
Luca Mercurio non “deraglia” — semmai devia, scarta, accenna, sfuma. Lavora sulle micro-variazioni di tono, su vibrazioni che non stanno ferme dentro l’accordatura temperata, ma che si muovono in quella zona emotiva che musicisti come Piero Ciampi, Leo Ferré, o in modo del tutto diverso Tom Waits, hanno esplorato ben prima di lui. È un’intonazione altra, volutamente imperfetta, che sfida la misura per comunicare qualcosa che la misura non può contenere.
La voce “fuori” non è un errore: è una scelta espressiva, un rifiuto della plastificazione melodica, una fedeltà più grande a ciò che è vivo e irrisolto. Certo, non è una voce da talent show — e per fortuna. Perché se “Come erba” suona anacronistico, è proprio perché non intende sedersi al tavolo dei suoni standardizzati: è un disco che prende rischi, che inciampa anche, ma non per incompetenza — per coraggio.
Il fatto che possa lasciare perplessi è quasi un buon segno: i dischi più vivi non piacciono subito, e spesso infastidiscono chi misura la musica col righello. Ma la storia insegna che sono proprio quei dischi, all’apparenza sbagliati, a resistere nel tempo e a lasciare il segno.