È un mondo oscuro quello di Luca Mercurio, una nebulosa musicale alla ricerca di identità. "Come erba" è un disco che lascia perplessi, un esordio che convince decisamente poco per il debole legame tra musica e testo e per gli arrangiamenti freddi poco coinvolgenti. Le carte potevano essere giocate diversamente.
Le dieci canzoni contenute in questo lavoro sono mattoni fragili, cantate con uno stile poco moderno e spesso stonando, la cifra stilistica del teatro canzone è generosa nelle licenze poetiche e anche in quelle dell'intonazione, ma quando Mercurio esce dalla carreggiata melodica canonica, salta all'orecchio più come un vero e proprio deragliamento.
Nei testi si raccontano disagi quotidiani, innamoramenti, si interpretano il rancore e la rabbia popolana, lo sfodo è un sud Italia incassato su se stesso e strillante di fatica, i torti trascinati per i capelli in sceneggiati alla Massimo Ranieri, i pochi momenti realmente poetici filtrati in un mood da Branduardi ubriaco. Manca il vero pathos, manca quel fattore impresindibile per il genere cantautorale che risponde al nome di spessore.
La composizione musicale di brani come "L'alternativo" o "Dentro i cieli del tuo cuore" include parti di sintetizzatori e batterie elettroniche che sarebbero state più efficaci se suonate da strumenti veri, violini e grancasse più consoni al folk-pop da menestrllo del cantautore pugliese. "Come erba" rimane un oggetto misterioso, costruito con noncuranza nei confronti dell'attuale, ma seguendo schemi del tutto anacronistici per negli anni '10.
Questo potrebbe in alcuni casi essere un valore aggiunto e potrebbe rivalutare l'intero disco collocandolo in un panorama punk rivoluzionario ma, la voce così fuori, è imperdonabile. Questo album d'esordio è un passo falso in partenza.
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