Come il teatro da cui prende il nome, un album da interpretare secondo il proprio spirito.
A vederlo così, con quel look da chansonnier, ti aspetti il classico cantautore dal gusto rétro, magari un pizzico jazz. Ma, tanto per essere ancora più scontati, ricordiamolo: l'abito non fa il monaco. In questo caso, l'abito non fa un cantautore, bensì un polistrumentista-producer evidentemente più avvezzo alle serate nei club electro che ai concertini chitarra e voce. E con un'attitudine piuttosto arty, che viene fuori per esempio nel titolo scelto per l'album, che fa riferimento alla forma di teatro giapponese di più difficile interpretazione.
Come succede nelle rappresentazioni di teatro del Nō, l'intento di Florestano è quello di lasciare all'ascoltatore piena libertà di dare un significato alle canzoni. Cosa resa chiaramente più agevole dal loro essere pezzi di elettronica strumentale, un genere di per sé aperto e in cui entrare a mente aperta. Entrando in questi otto brani si arriverà in un ambiente dai paesaggi variegati e dai climi umorali, una serie di piani e alture costruiti con un pianoforte prima di venire ricoperti da sedimenti di un'inditronica cinematica e meditabonda, oscura e solenne, dal groove inquieto e mutevole e da una certa qualità melodica.
A pensarci meglio, l'aspetto da musicista neoclassico non è del tutto fuori luogo.
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La recensione Noh di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-09-25 09:00:00
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