L'augurio con il quale chiudevamo la recensione di "Untidy Tiles", l'ep d'esordio – bellissimo – pubblicato nel 2013 da Fresh Yo!, era che qualche mc dotato di lungimiranza decidesse di sposare i beat del nostro facendosi firmare delle strumentali (addirittura un album si azzardava). Due anni più tardi a ingrossare la lista della collaborazioni c'è un pezzo realizzato per E-Green, una serie di remix (Smania Uagliuns, Apes On Tapes), e voci di corridoio che raccontano di featuring sfumati, ma nessuno ancora che abbia fatto il passo più lungo della gamba. Dal canto suo, Raimondo continua a raccontarsi di riflesso su Soundcloud finendo per planare, negli ultimi tempi, anche dentro un paio di storie di etichette e collettivi (Italdred e Fly High Society) che ne hanno inspessito ambizioni e levatura.
"Stay Here" è la sua ultima release, qualcosa che somiglia più a uno street-album che a un disco vero proprio, ed esce in musicassetta per Turbo Tape Recordings, label di giovani beatlovers italiani. 14 pezzi che diventano 20 nella versione digitale, per un disco che inspira/espira un'inviadibile rilassatezza di fondo. Non è solo hip hop o wonky beats, piuttosto qualcosa che mi piacerebbe definire come "soul music aumentata", senza correre il rischio di bestemmiare. C'è l'amore ovviamente, vissuto senza sbalzi di pressione, un certo tipo di pigrizia che non diventa mai svogliatezza, e melanconia, quella sì, a profusione. Tutto su queste batterie che rimangono sporche ma hanno imparato, per compensazione, ad essere più docili, tante note di piano cucite insieme sulle quali i rapper, quando appaiono, non sembrano più rapper ma crooner: l'esempio perfetto è Dyami che strascica il suo flow su un sample rubato a Piero Ciampi in "Comfort".
E poi le plettrate di chitarra su "Last Dancehall" che, data l'ambientazione, potrebbe essere la soundtrack di un western giamaicano, il coro di voci pitchate che intona "What You Should Do" su un rhodes riloopato all'infinito, altri mille friccichi e campanelli che, assieme a fiati e orchestrazioni anni '60, stanno sul beat, quasi sempre sullo sfondo, a evidenziare un tipo di nostalgia che si potrebbe quasi definire ipnagogica. Non cercata, non voluta, ma tanto efficace quanto spontanea. E per questo motivo funziona "Stay Here", un capitolo intimo nella storia di HLMNSRA, forse quello più riuscito. Da una parte il beatmaker, dall'altra la figura del producer, in una scala evolutiva che ricorda, per vicinanza e ispirazione, il percorso di uno come Knxwledge. Ho visto da poco sul Facebook di Ra una foto in studio con marimbe, synth e chitarre: scommettiamo sul prossimo passo?
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