Un nuovo album alla ricerca della luce nella penombra
Una spinta diversa, un senso nuovo determina la genesi di questo disco che, a differenza del precedente lavoro, esprime una condizione di malinconica consapevolezza sulle cose del mondo, al di là di ogni benaugurante prospettiva. Non che sia intriso di lacrime e umore nero – per inciso i Chicken production mostrano sempre il lato gioioso e illuminato della realtà tra musica e parole – ma avanzano con l’andatura oscillante e instabile di chi mette il dubbio su se stesso e su ciò che di inaspettato la vita regala, nel buono e nel cattivo tempo. "Malombra" è dunque il riflesso ombrato dentro ognuno di noi, quell’istante di inattesa paura che arriva ad un tratto, quell’ansia che rende inquieti, quel piccolo dolore che brucia momentaneo e poi scompare. Sulle note di un indie-folk a tratti cantautorale, a tratti più rock, si snodano le tracce di un viaggio nell’anima, proprio come nel primo lavoro si intraprendeva un viaggio in una terra madre conosciuta e ospitale.
Interamente in dialetto terracinese, "Via Tripoli" nasconde la voce di una vecchia vita sola e addolorata che prega e che, voltandosi indietro o guardando avanti, sente sconforto pur esprimendo coraggio; "Lasciace" fore manifesta, quasi alla maniera sonora del Gazzèpiù rock, l’intenzione di lasciare lontano da pregiudizi e false ipocrisie chi arriva o parte alla ricerca di libertà; "Malombra", in acustico, rivolge gli occhi verso il proprio io più profondo, per scoprirsi luce e buio, giorno e notte dove non sopraggiunge il sonno a rapire di sogno la mente e il cuore. Un suono esotico e caldo riempie di "Libeccio" la terra preannunciando il tempo brutto. Eppure l’anima riposa ad aspettare il sole, mentre vengono spazzati via i giorni storti e il vento soffia in faccia promettendo che lei tornerà, forse solo per un attimo, per un breve ma intenso soffio di vento caldo. Così a "Settembre", sulla stessa foglia caduta, i pensieri si posano col vento, lasciando le storie a mezz’aria. Storie che raccontano di come sia difficile innamorarsi quando la vergogna è più violenta dei sentimenti dentro ad un mondo incoerente ed incerto, in "Te le voje cantà".
Un disco vicino al precedente nei suoni, diverso nei contenuti. Un lavoro che imbarca sogno e disordine, incassa malinconia, restituisce ritmo e melodia in rima dialettale. Un nuovo album alla ricerca della luce nella penombra.
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La recensione MALOMBRA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-10-16 00:00:00
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