Non a tutti capita di aprire concerti a gruppi del calibro di Mudvaine, Downset o Nevermore, band da sempre abituate ad avere un contatto con pubblici d’ogni razza e provenienza, che suona nei locali più cool di grosse metropoli o addirittura davanti a folle oceaniche di fan scatenati! Ebbene, i Guilty Method hanno avuto l’onore di aprire gli show italiani dei sopraccitati gruppi, a testimonianza del fatto che la loro musica colpisce l’ascoltatore con tutta la sua semplicità e con ottime linee melodiche.
Stranamente, però, il quintetto si definisce una crossover band che segue le orme di Deftones, Tool e Korn, ma in realtà non credo ci azzecchino più di tanto. Sembrano infatti un bellissimo clone di supergruppi commerciali americani sullo stile di Nickelback o Puddle Of Mudd in versione italiana - probabilmente un po’ più ‘cattivelli’ - con canzoni che a sprazzi ricordano i bei tempi dei meneghini Extrema. In questo contesto sonoro ci sembra fondamentale segnalare due elementi, ovvero gli inserti d’archi e l’accompagnamento di pianoforte che fanno da contorno a molte loro canzoni, sempre ben studiate e tecnicamente prodotte senza imperfezioni (grazie anche alla produzione dietro ai mixer di Tommy Massara). Brani come “Father” (l’opener) e “My mind is a cage”, ad esempio, rimangono ben impresse nelle menti anche grazie a bellissimi ritornelli.
Nove canzoni sono in lingua inglese mentre la nona, “Ink”, è in lingua italiana, a mio avviso il brano che spunta di più tra tutti; si segnali infatti rispetto al resto poiché è quella più ‘cattiva’ e meno commerciale, assomigliando in un certo qual modo a certe soluzioni tipiche dei Linea 77.
In definitiva “Touch” rappresenta in maniera equilibrata un gruppo che non sfigurerebbe nella programmazione di Mtv; peccato, però, che il prodotto sia destinato solo al mercato italiano, davvero molto difficile da ‘sbancare’. Chissà però che non succeda qualcosa…
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La recensione Touch di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-02-24 00:00:00
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