La leggenda parla di un incontro fortuito a Milano, in metropolitana, di un inseguimento tra i vagoni e della successiva scoperta di una sorta di bidonville, dimora di un gruppo di musicisti provenienti dall’est europeo. Così sarebbero entrati in contatto Roberto Durkovic e parte della sua band, quella che poi avrebbe fornito a “Indaco e sabbia” la principale chiave di interpretazione: quella ‘etnica’, legata, in questo caso, ed in modo indissolubile, alle atmosfere balcaniche tanto in voga ormai da qualche anno.
Che, poi, il suddetto incontro, descritto, tra l’altro, in “Il conte Dracula e la danzatrice del ventre” sia avvenuto davvero così - o se di mezzo ci sia stata la sapiente mano dell’ufficio stampa della Storie di Note - poco importa. In fondo non siamo qui per fare indagini poco produttive, ma ci sembra importante, invece, sottolineare il fatto che questo ‘melting-pot’ di culture funzioni egregiamente. E diciamo ‘melting-pot’ non a caso, perché questo disco non è nient’altro che la fusione di due culture lontane: quella di Roberto Durkovic, che, a quanto si può dedurre, sembra possedere un solido background cantautorale (lo si capisce dal modo di cantare, dalla cura dei testi e quando abbandona i suoi amici dell’est, come in “Coca & whiski” o “Vivo con noi”) ed un’altra più vicina alla cultura ed alle tradizioni tzigane. Un bell’intreccio, che funziona e naviga in mezzo a tanta allegria e voglia di divertirsi.
In “Indaco e sabbia”, insomma, sembrano non esserci cadute di tono, evitate grazie anche ad un massiccio impiego di musicisti. Sembra infatti che il buon Durkovic abbia voluto imporre ai suoi ospiti una sorta di turn-over ossessivo per trovare la soluzione ottimale caso per caso. E la scelta sembra dargli ragione, anche quando decide di imbarcarsi in una cover non facile come “È la pioggia che va”, vecchio hit dei Rokes, o nell’opzione jazz offerta da “Un ritmo semplice”, interpretata dalla brava Daniela Panetta. Un disco che gira in ogni caso, anche quando la prospettiva cambia radicalmente. Un buon segno, che non fa altro che confermare la bontà dell’operazione.
E che ci frega, alla fine, di come Roberto Durkovic abbia scoperto la sua ‘anima balcanica’?
---
La recensione Indaco e sabbia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-02-24 00:00:00
COMMENTI