Dal rock pestone alla spina staccata. Roberto Bellacicco fa tabula rasa, con risultati discutibili.
Roberto Bellacicco ha un passato pestone. Il rock e il punk erano il suo pane quotidiano ai tempi di Quegli strani amici di mia madre e Club 69. Nemmeno tanto tempo fa, peraltro, ma sembra passato un secolo.
Con l’esordio da solista si fa tabula rasa: la spina è staccata quasi del tutto e il suono è in gran parte acustico. “The East Berlinian Kitkat Club” racchiude sei pezzi tra richiami pop, istanze cantautorali e qualche accenno jazzy. Un album in bilico tra canzoni riuscite ed evocative, come “El amante del buho”, e altre piuttosto scialbe se non decisamente inascoltabili, riferimento non casuale a “Fuori i coltelli, bolscevico!”, bruttina anche nel testo (“Tu ti chiami Dasha e sei pure un po’ bagascia”, ehm...). C’è altro da aggiungere: la voce (e anche il basso, a dire il vero) è a tratti insicura e talvolta evita di brillare, e nemmeno gli arpeggi di chitarra sono sempre così fluidi quanto si vorrebbe. Facile intuire come “The East Berlinian Kitkat Club” sia un disco anonimo, che scivola via senza farsi rimpiangere troppo. A questo punto non sarà mica il caso di tornare a pestare?
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La recensione The East Berlinian Kitkat Club di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-02 09:45:00
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