Non sempre il rock'n'roll è divertente.
L’ascolto di “Teatro del nostro stato” risulta faticoso, decisamente poco entusiasmante. D’altra parte, però, non possiamo criticare gli Effe&TheGoodMachines, al loro secondo album, per questioni tecniche o di credibilità. Ma il prodotto finale risulta anonimo, poco coinvolgente ed eccessivo.
“Teatro del nostro stato” è infatti un album rock, con sonorità sempre ad altissima tensione, ricche di assolo, che negano ogni possibilità di riprendere fiato (ad eccezione della riflessiva e malinconica “L’artista”); l’effetto finale, però, anziché garantire un ascolto adrenalinico, finisce per stufare l’ascoltatore, soprattutto per la ripetitività dei brani (e anche quando si cerca di creare elementi innovativi, di rottura, come l’innesto reggae di “L’uomo pensante”, questi ultimi paiono rivelarsi solo elementi di contorno). L’album gioca inoltre su inversioni dai ritmi rock’n’roll, riuscendo ad accostarsi a un maggior equilibrio ritmico (“Yesterday’s gone”) ma senza arrivare però a risollevare l’attenzione. I testi sono in gran parte di denuncia sociopolitica (“Transadriatica”, “Ninni e nanne”) con incursioni esistenzialiste (“L’artista”, “Push”).
Le doti tecniche ci sono. Servirebbe forse puntare verso un suono meno scontato, che definisca al meglio la personalità del gruppo.
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La recensione Teatro del nostro stato di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-17 00:00:00
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