Un gioco, una continua filastrocca a tinte seppia, le desolanti fascinose tiritere della quotidianità odierna ma che potrebbe essere benissimo quella di settant'anni fa. Si chiama "La prestigiosa Milano - Montreux" ed è il terzo album dei Laurex Pallas, uno scrigno pop vintage da conservare nel cassetto delle cose preziose ed ascoltare bevendo cordiali.
Per la terza volta la "brigata" di musicisti lombardi immagina una corsa ciclistica tra città simbolicamente vive e gli dedica un intero lavoro, procedendo in carovana, con mezzi straordinari, strumenti giocattolo ed atmosfere vagamente retrò, riuscendo comunque ad essere moderni.
Questo è l'atto conclusivo della trilogia della fatica, l'arrivo a braccia alzate del ciclista stremato ma vittorioso, una scaletta di dodici pezzi che sembrano talvolta uscire da un carillon a manovella, cantati col megafono, stratificati di strumenti d'ottone molto ben orchestrati, carichi di pillole ironiche.
Così ci si alza sui pedali faticando e canzone dopo canzone si perde la cognizione del tempo, affascinati dai paesaggi italici di Coppi e Bartali, "I Beni rifugio" della traccia introduttiva non sono altro che le misere certezze dell'omuncolo povero in tutto, parte fondante della società attuale, la musica pop con gli archi e i fiati può solo aggiungere una vena pomposa e malinconica. Un'esagerata gioia zampilla in molte canzoni di questo album, "Aleardo latitante della Rover" suona come una colonna sonora di un film muto dei primi novecento, pur cantando di spread sfavorevoli e debito Greco, i Laurex Pallas indorano pillole con un'ironia che appare naturalissima.
Uno stile complessivo difficile da paragonare, i riferimenti potrebbero essere molto lontani nel tempo, gruppi come I Giganti, I Ribelli, si sentono particelle di Amor Fou nei pezzi più lenti, per rimanere più attuali, c'è un'oroginalità di fondo nel suono, per com'è composto e registrato davvero notevole. Il sestetto dei Pallas si sa trasformare in banda di paese ("Ninna nanna della cabina") e in band da teatro canzone quando canta d'amore straccio ("Luci D'Alba"), sa suonare il western-folk ("Il giovane incantatore"), il post-rock alla Giardini di Mirò ("Il teorema dei post-it") ma anche inventare un tango moderno ("Il tipo umano"), trattare il tema dell'alienazione tipica "da occidentali" e raccontare "L'uscita di scena" dalla vita vera lasciando l'alscoltatore interdetto e pensante tra le parloe di una piccola perla di poesia.
La corsa a tappe tra Milano e Montreux è tutt'altro che in salita, sembra attraversare vaste pianure assolate e paesini caratteristici con i vecchi a spingere ed incoraggiare. Questo è un disco finemente suonato e prodotto, non per tutte le orecchie, ma di indiscutibile valore musicale e testuale, ci trovi dentro mondi interi passati e piccole storie contemporanee, fatiche nuove con abiti spiegazzati ed immaginari interi ricostruiti attraverso scherzosi monologhi da commedia tragicomica. Ai Laurex Pallas spetta la ghirlanda al collo e il bacio delle belle sul gradino più alto del podio.
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