Jazz, nu-jazz, soul, elettronica, plurilinguismo & calembour. Ma tutto tanto già sentito e poco scorrevole.
Obliquido è un progetto eclettico fin dal nome, fusione dei termini “obliquo” e “liquido”, che ne sottolineano tanto la vocazione a mischiare i generi in un flusso mutevole di ingredienti e loro percentuali quanto la propensione per i calembour e i giochi di parole come aperture di sensi possibili.
Questo secondo aspetto è ben evidente, infatti, nei testi, ora in francese o bantu (composti dal polistrumentista congolese Donat Munzila), ora in spagnolo e italiano (composti dal filosofo Alessio Luise). I testi, senz’altro costruiti e concettosi (anche nel senso di un moderno barocchismo), non risultano facili da seguire e questo, peraltro, non è lo scopo del loro autore, al di là dell’uso di lingue diverse. Lo scopo pare invece essere il ri-raccontare una realtà tutto sommato banale (il desiderio di vivere liberi da pregiudizi e condizionamenti, preceduto dalla denuncia degli stessi), in forme, appunto, non banali e neppure semplici. Operazione che non può che dividere, ma che è piaciuta al Premio Tenco (candidato) e al Premio Bindi (finalista), in piena coerenza con il gusto per la verbosità che caratterizza le due manifestazioni.
L’opera di Luise si accoppia a quella del compositore e arrangiatore Domenico Toscanini (insomma, un po’ il duo Battiato-Sgalambro…), che dimostra ecletticità, come dicevo all’inizio, nel combinare variamente jazz, pop, soul, elettronica. Le composizioni, i suoni, gli arrangiamenti appaiono sempre di gusto e raffinati senza risultare leziosi, ma mostrano il limite di riferirsi sempre a un già sentito, che può spaziare dal be bop pianistico di “Sipari disparati”, al nu-jazz anni '90 di “Plasticaspital” o “Misticanza”, al soul elettronico di “Me dica”, al suoni afro-jazz di “Zakazinene”. Qua ci senti St. Germain, qui uno Jamiroquai (ok, è un’eresia, ma è per spiegarmi a tutti) poco commerciale, più atmosferico e underground, là il Gotan Project più quieto e via dicendo. Persino le voci dei due pur bravissimi cantanti, Laura Boccacciari e Alessio Luise, ricordano ora la Meg più jazzy, ora Cristina Donà, ora Max Gazzè…
Ma il difetto principe di questo pur pregevole disco sta nella mai compiuta fusione parole e musica: non per un fatto metrico, quanto per la poca congruenza tra musiche e contenuto dei testi.
In sostanza, un disco ambizioso, con diversi punti di pregio indiscutibile, ma che a mio avviso difetta di personalità e comunicatività. A ciascuno, più che mai, il giudizio personale e finale.
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La recensione Se mi dai del lei morirò prima di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-13 09:40:00
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