Lo-fi piacevole che scorre bene dall'inizio alla fine, senza intoppi e fastidi. Bene così.
Appena metto su il disco di Steven Lipsticks and His Magic Band mi domando se alla chitarra di "Intro (aka playing with toys)", "Outro (aka clapping hands)" e "Riding the tide" non ci sia Graham Coxon a far uscire quei suoni ruvidi e granulosi riconoscibili da subito, così come mi chiedo se il folk di "Dec.8th" non faccia parte di "I'm wide awake it's morning" dei Bright Eyes. Come inizio non male, se teniamo di conto il vasto bacino che copre Stefano Rossetti (mente di questo progetto), servendoci su di un piatto un pop folk catchy ("Jar of poetry revisited") e un'attitudine lo-fi, promessa sin dall'inizio ("Stay away from my dream", brano che fa della semplicità del suono e delle architetture sonore un punto di forza non indifferente). Si passa anche a un (non così breve) intermezzo psichedelico ("Aliens hypnotizing me (parts I, II and III)", col suo incedere così rilassato), a suoni trascinati e languidi ("99''", con la batteria che esce da lontano e le chitarre che spuntano dal pavimento) o ancora a strutture più lineari e, in un certo senso, pop ("White national flag"). Troviamo anche vaghe reminescenze blues ("Being together"), pennellate indie rock sgargianti ("Still riding the tide") e ombre di quel sound così leggero e puro di gruppi come The Shins ("Baby, you should know").
L'album è piacevole, rilassante per certi versi e più movimentato per altri, scorre via liscio come l'olio senza intoppi e fastidi, arrivando alla sua conclusione in maniera logica, diretta e davvero gradevole, senza che l'attitudine lo-fi che permea tutto il lotto (e per lo-fi si legga "registrato tutto in casa") rovini il risultato finale. Bene così.
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La recensione Steven Lipsticks and his Magic Band di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-26 09:50:00
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