Il chill out a modo suo ha segnato un’epoca. Anche se oggi cade spesso nel già sentito, anche quando si tratta di produzioni di livello, come questo “Passage to east” di Istambul café. sia chiaro: questo è un disco gradevole, che piacerà sicuramente agli estimatori del genere, e presi uno per uno molti brani sono dei possibili riempipista, come “East Soul” molto funk, calda e coinvolgente, raffinata e di classe. Però, però. Il possibile uso casalingo o automobilistico del disco difetta. Troppo lungo. Meglio ascoltarlo in due tranche. Anche perché nessun brano dice qualcosa di nuovo. “Ishtar Mòn Amour” è suggestivo ma di maniera, tramato com’è di percussioni ed echi di voci arabeggianti. “Deep Moonlight serenade”, un po’ alla James Hardway, ma non aggiunge molto al genere, per quanto gradevole sia. “Rondò A La Turkè” è un bel brano di nu jazz, quasi come certe cose della Compost di qualche anno fa, così come “New Way Of Life” mostra un raffinato nu soul da jet set. Forse proprio questo è uno dei limiti: la dicitura “chill out/ethnic jazz” fa presagire qualcosa di più per questo disco, così come il nome del progetto, Istambul café. Lungi dall’augurarsi terribili scivoloni nella world music, ci si aspettava qualcosa di più, una dance raffinata sulla scia – per dirne uno - di quell’incredibile disco di ethnic jazz che fu “Journey in Satchidananda” di Alice Coltrane (già la moglie), nel 1970. Talmente bello che basterebbe aggiungervi una base drum’n’bass e spaccherebbe alla grande: piste e classifiche. Qui è tutto bello, ma un po’ di maniera. Un paragone? Vacanze a Istambul. Serata in un caffè con panorama sul Bosforo, mentre il sole tramonta e colora di luce le acque dello stretto. Già vi pregustate una cenetta tipica turca in compagnia del vostro amore. Invece scoprite che c’è solo il menù internazionale. Di gran classe comunque. All’Istambul café, mangerete bene, tranquilli.
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