Padova - Oregon - USA. Non faccio in tempo a mettere le cuffie che vengo travolto da un riff stoner di gradazione alcolica pari a 7,5%, nulla di troppo improvviso, siamo chiari, data la copertina che ricorda moltissimo quella di “Preistoric Dog” dei Red Fang. Nonostante la citazione grafica le aspettative non vengono assolutamente deluse. Lo stoner c’è per fortuna, ce n’è tanto e si sente. L’aspetto più sorprendente però sta proprio nelle molteplici influenze. Ad esempio: l’intro di sabbathiana memoria di “Eat the maggot” o l’accelerazione crust di “Te saco la mierda” mettono in gioco le varie radici musicali della band, dando dinamica alla sequenza dei brani stessi, un punto a favore non indifferente. Altro aspetto da non trascurare sono i momenti di growl alternato a vocalizzi grunge, una formula veramente insolita da proporre, specialmente per il genere. Tutto ciò indubbiamente dona carattere all’intero album, che non pecca della classica voglia di voler mettere a forza qualsiasi cosa abbiamo ascoltato negli ultimi 20 anni. L’insieme di tutti questi generi suona bene e suona, per l’appunto, come loro si definiscono, “crosstoner”. Un neologismo musicale abbastanza insolito, è vero, ma più che fedele a quanto proposto.
Tutto l’album, infine, viene legato saldamente dall’omogeneità dei suoni che danno la percezione vera e proprio di uno stoner vissuto, con poche finiture, essenziale e concreto. Ci sono ancora aspetti da migliorare? Sì, assolutamente. Siamo lontani dalle pietre miliari, anche recenti, del genere, ma probabilmente non è nemmeno questo lo scopo ultimo del gruppo, dato che l’approccio musicale è principalmente ironico. I Blind Marmots suonano bene e non si prendono sul serio - volendo è altro punto a favore - ma riescono comunque a proporci un album, sincero, suonato principalmente con la camicia di flanella, la lattina di birra appoggiata sulla JCM e la sigaretta in bocca.
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