Un'altra band post-hardcore, un'altra band che esce per To Lose La Track: sembra un copione visto e (soprattutto) sentito decine di volte negli ultimi anni, quando invece i Lags con quello che avete visto e sentito non c'entrano nulla.
Non perché abbiano rivoluzionato un genere—che ne ha poche, di rivoluzioni, in ogni caso—ma perché con il loro "Pilot" hanno fatto uscire dalla stanzetta asfittica degli ultimi anni il post-hardcore, bloccato tra chitarrine emo e testi disperati e rassegnati. A dare il via, il rullante picchiato che ci introduce al primo brano, "A Plush and a Rush". Da qui in poi nessuna pausa, le chitarre e il basso andranno sempre più forte, regalandoci riff difficilmente dimenticabili: lo stacco di basso verso la fine di "Solid Gold", tanto per fare un esempio.
È un disco molto "core", sia nel senso di hardcore che di cuore: l'urgenza è palpabile, la voce adatta al messaggio che ci lasciano i Lags. I testi infatti, parlano di problemi vitali dell'uomo, sotto vari punti di vista: rapporti umani ("War Was Over", "Queen Bee"), rapporto tra uomo e politica ("Turbin", "Family Man") e fatti recenti che hanno messo in discussione la libertà di espressione. In questo senso, è un disco che parla di preoccupazioni, di paura: l'uomo disorientato di oggi non sa che fare, non sa quali dovrebbero essere i punti di riferimento, dato che quelli che ha lo deludono.
Cosa gli resta? Una chitarra, una batteria (suonata da Andrew Howe, uno che di velocità se ne intende), un basso. E tanta voce per urlare via la paura e la delusione.
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