Se qualcuno avesse nostalgia degli ineguagliabili seventies, potrebbe senza indugio premere play sull’omonimo disco dei Merry Go Round e farsi un bel viaggietto nel tempo con tanto di pantaloni a zampa, e camicie dal colletto lungo invase da fiori colorati. Sì, perché le undici tracce che compongono “Merry Go Round” ci fanno assaporare i suoni e le vibrazioni di qualche decennio fa, proponendoci un ricco piatto farcito di rock progressive, psichedelia e rhythm and bues, e in cui gli ingredienti fondamentali sono le strumentazioni vintage come l’hammond, il mellotron e il moog insieme alla voce di Martina Vivaldi, capace di giocare con le tonalità e le timbriche.
Per chiarire subito le sue intenzioni, la band apre il disco con “Dora’s Dream” (dichiarato riferimento al caso di Dora trattato da Freud), un hard rock progressive introdotto da una risata inquietante e dal sapore angoscioso, e poi giù con riff di hammod a profusione che, insieme ad un fraseggio di chitarra elettrica marcatamente rock blues, danno vita a un brano molto orecchiabile che fa tanto Kansas.
L’album prosegue più morbido nelle due successive tracce, seguendo sempre la scia anni '70, e approda a “Poison Ivy” (chiaro riferimento all’avversaria di Batman), un brano più sensuale, fresco e dall’atmosfera magnetica, con la sezione ritmica in primo piano. Segue uno dei tre omaggi ai grandi del genere, in questo caso ai Wildwood con “Free Ride”, una vera e propria esplosione di energia, mentre con “To Die of Fear” il ritmo rallenta grazie ad un mood lisergico, dove lo zampino dell’hammond e la voce della Vivaldi che gli si avviluppa tutto intorno concorrono al buon risultato finale. A seguire “Indian Rope Man”, cover di un brano di Richie Havens, poi si transita sul blueseggiante brano successivo e si chiude in bellezza con la terza cover, “Friday the 13th”, degli Atomic Rooster la cui influenza si riconosce anche nella ghost track, brano strumentale senza molti formalismi.
Un disco gradevole, dalla grande grinta ed energia. “Merry Go Round” è un chiaro omaggio all’hard rock progressive di stampo americano, elemento – questo – che si pone come punto di forza e allo stesso tempo come criticità. La band conosce e ha assorbito nel profondo le sonorità e le tematiche del genere, tuttavia non riesce ad affrancarsi pienamente dalla trappola del citazionismo, e dunque manca un po’ di originalità.
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