Vacca
L'Ultimo Tango 2015 - Rap, Reggae, Hip-Hop

L'Ultimo Tango
15/10/2015 - 10:00 Scritto da Stefano Pistore

Ballando con la testa altrove

"L'ultimo tango" è un disco realizzato da chi sentiva il bisogno di chiarire alcune questioni lasciate in sospeso ma ormai lontane dalla quotidianità, e quindi trattate con parziale distacco. 
Il discorso è semplice. Come dichiarato a più riprese dallo stesso Vacca questo è l'ultimo lavoro che il rapper di Quarto Oggiaro ha deciso di presentare in lingua italiana. L'ultima traccia è tutta in patois e verosimilmente sarà questo un tipo di strada percorribile in futuro (il riferimento è musicale). A ben vedere già in "Pazienza", il quinto album, c'era quel ritornello in "Mi No Born Rich" che lasciava intuire qualcosa, e dopotutto c'è gente che neanche un paio di mesi all'estero e subito finge di non ricordarsi il nome di quella o quell'altra cosa, sembra quindi normale dopo tanti anni che Vacca abbia la voglia (e la sicurezza) di confrontarsi, anche in campo artistico, con una lingua diversa da quella madre.
Questa necessità di cambiare pagina è percepibile in gran parte del disco, è un bisogno davvero forte che in "Trust No One" si materializza nelle nostre orecchie ma che come un'ombra è presente in tutte le tracce dell'album. Questa esigenza è però anche un problema, o meglio è il problema. È talmente ingombrante la voglia di cambiamento che in alcuni episodi i brani di "L'ultimo tango" sembrano stati realizzati pensando ad altro, pensando a quello che potrebbe essere il futuro, a quello che quel brano potrebbe essere in futuro e invece per ora è solo un'altra cosa.
Il risultato è che l'album presenta degli alti e dei bassi abbastanza chiari ed alcuni brani non soddisfano le intenzioni di partenza sembrando più dei riempitivi. Così per "Manchi solo tu" (brano dalle nobili intenzioni ma sviluppato in maniera davvero troppo povera, la stessa produzione musicale stona leggermente con il sound dell'intero disco), così per "Ancora qua" che ripete concetti già inclusi in "L'ultimo tango" e in "Trendsetter", così per "Jordan" ed "Aka" dove a ribadire che la testa di Vacca fosse altrove sono proprio Cali Egreen che collezionano (rispettivamente nel primo e nel secondo brano) strofe troppo più incisive rispetto a quelle del padrone di casa.
Pazienza! È proprio il caso di dirlo. Un mezzo passo falso può capitare a chiunque, soprattutto dopo tanti anni al centro della scena e dopo la pubblicazione di quello che insieme a "Vh" per me è il più bel lavoro del rapper sardo. Tanto vale considerarlo un disco di passaggio adatto per fare da ponte fra un vecchio e un nuovo mondo.

Non mancano ovviamente gli aspetti positivi.
Come sempre a Vacca va riconosciuto il grande pregio di lasciare spazio a giovani talenti che grazie a lui hanno la possibilità di godere di una visibilità molto più ampia rispetto a quella ordinaria. Penso a David Hoover, a Paskaman, A&R ma anche allo stesso Cali che grazie alla strofa in "Jordan" avrà la possibilità di arrivare anche a persone fuori dal tradizionale circuito del rap italiano. 
Allo stesso modo va riconosciuta (anche in "L'ultimo tango") l'indubbia versatilità a cui Vacca ha abituato il suo pubblico dal giorno uno della sua carriera. Anche in questo caso si spazia senza alcun problema e con ottimi risultati dalla durezza di "Non un passo indietro" e "L'ultimo tango" a brani da classifica come "Il ragazzo coi dread" o "Abc", passando per la ballad "Sangue del mio sangue".
Un'ultima cosa che colpisce del disco è il suo lato malinconico. Come tutti i capitoli che si chiudono anche questo si porta dietro tanti ricordi e tante riflessioni, cosa che all'ascoltatore attento non passerà inosservata. Il brano che riassume meglio di altri questa condizione è "Fine di un sogno". C'è come un filo immaginario che lega questa traccia ad altre vecchie tracce di Vacca come "Sogni" ("Sporco") o "Mille problemi" ("Faccio quello che voglio"), e proprio ripercorrendo questo filo si raggiunge la consapevolezza. C'è la presa di coscienza di alcune verità, della necessità di vedere il grigio, della necessità di dover bilanciare il peso dei sogni e dei propri desideri con la forza della realtà di tutti i giorni. È un brano amaro ma è l'epica dell'uomo.

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