"Merovingi" è il nome sia del primo album sia di questa band formata da sei elementi, scelto per richiamare alla memoria la dinastia dei "re fannulloni", così chiamati per non aver partecipato a nessuna guerra e sui quali si sono formate tantissime leggende in quanto capostipiti delle dinastie monarchiche europee.
In questo loro primo lavoro la formazione parmigiana si propone di unire generi differenti, dal prog al jazz unendoli ai grandi temi cantautorali come la conoscenza di se stessi e della propria realtà, trattati attraverso metafore religiose e temi esoterici; proprio per questi continui rimandi a una cultura e una letteratura ataviche, i membri della band indicano ironicamente il proprio genere come Indie Rock Post Antico.
La commistione di generi è certamente interessante anche se forse pecca un po' di ingenuità in quanto le caratteristiche dei singoli generi utilizzati vengono spesso stigmatizzate rischiando di non venir valorizzate dalla canzone. L'equilibrio nella registrazione dei brani (merito di Giovanni Pigino) e dell'orchestrazione è d'altro canto molto interessante, non presentando mai grandi variazioni di colore ma una omogeneità che ha il vantaggio di sottolineare in maniera sapiente e complementare il testo che potrebbe altrimenti risultare ermetico e pesante.
La voce del cantante Francesco Pelosi, calda e densa, vibra con dolcezza in combinazione con il sax tenore (suonato da Gabriele Fava) in tutti i brani, anche se a volte capita che la melodia esca dal range della sua voce e si senta la sua fatica intaccare l'intonazione di alcune note. Nel complesso però è certamente un lavoro preparato ed interessante che cerca di utilizzare alcune ispirazioni letterarie classiche o moderne (da Buddha al Cantico delle Creature, da Fritjof Capra a Hanna Hurnard) per esprimere concetti intimi e rilevanti.
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