Talento e tocco nitido. Raffaele Vasquez ce la può fare.
Sul suo passaporto compare un cognome degno di un centrocampista metodista entrato nel giro della nazionale di calcio spagnola. Sarà per questa ragione che Raffaele Vasquez passa il tempo dribblando in scioltezza gli stilemi del cantautorato per poi immergersi in un tiki-taka esasperato: passaggi fitti, se possibile rasoterra, possesso palla logorante, monopolizzazione del gioco. Ce la fai se hai talento, se sei creativo, se hai il tocco. Vasquez può farcela, poco ma sicuro. Le certezze sciorinate in “Me”, la sua seconda fatica discografica, son lì a dimostrarlo.
Il dulcimer, il mellotron, gli strumenti valvolari: il musicista salentino si aggrappa agli anni ’70, agli arrangiamenti corposi dell’epoca, alle produzioni pulite di quel decennio. Le rotondità del basso, il ruolo decisivo delle tastiere, la profondità della voce rendono giustizia a un album dal sapore vintage, che rincorre la dance (“Signuria”), richiama il pop più raffinato (“L’Arcobaleno”), rende omaggio a mostri sacri del calibro di Gianmaria Testa (“Gelosia”), Paolo Conte (“Giù nella via”), coverizza Piero Ciampi, rendendo meno (molto meno) scheletrica la sua “Hanno arrestato anche l’inverno”, trasformandola in una possibile sigla di uno sceneggiato tv Rai. Indovinate di quale decade. Un pizzico appena di Radiohead (l’attacco di “Se buono è” ricorda le prime note di “Karma Police”) completa l’opera e rende credibili dieci canzoni dal buon impatto, al netto di qualche sporadica caduta di tono. “Me” è il disco di un musicista talentuoso e creativo, dal song-writing maturo, di un potenziale fuoriclasse dal tocco nitido. Se non lo ingabbiano in qualche inutile schema, quest’altr’anno giocherà con la maglia numero 10.
---
La recensione ME di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-21 09:30:00
COMMENTI