Pessimi Elementi, "Pagani e Malfattori", che tra polenta, pizzoccheri, sbronze e anarchia cantano la voglia di rivincita dell’hardcore italiano
Saranno anche Pessimi Elementi ma sanno esser più che fedeli alle loro radici, tanto a quelle musicali punk/hardcore-melodico di cui non gliene frega niente delle mode, quanto a quelle geografiche, con quell’ode alla Valtellina che apre l’album cantando di polenta e pizzoccheri tutti da gustare in salsa rock’n’roll. Piuttosto “perfetti elementi”, quindi, per piacere a tutti gli orfani del punk italico di fine anni ’90 (cresciuti a Latte+, Peter Punk, Moravagine, Vallanzaska e primi Shandon) ma anche a chi sente ancora il bisogno - in questo avanzato e malridotto nuovo millennio - di musica schietta, sincera, spudorata, adrenalinica e priva di ammiccamenti commerciali fini a se stessi.
I temi dei Pessimi Elementi sono quelli più scanzonati: amore, solitudine, rabbia adolescenziale… ed è imprescindibile a riguardo un brano come “Mi Mancherà”, con quella melodia che entra in testa ossessivamente e quella voce nasale che dona credibilità punk ad ogni riferimento pop puramente casuale; ma i Pessimi Elementi sanno anche coinvolgere temi più profondi, come una certa visione decisamente alternativa della religione in “Dio Benedica i Pagani” (bel pezzo ska con respiri reggae e potente finale punk) o, benché decisamente meno rispetto al precedente lavoro, ispirazioni di tipo politico, come l’inno all’anarchia in “Tarantella della Rabbia”, il cui testo è stato “liberamente tratto dall’“Inno dei Malfattori” di Attilio Panizza” o ancora “La Mia Generazione” che “vola senza ali, la mia generazione di fottuti vegetali”.
Soltanto dieci brani (più una ghost track) ma più che sufficienti a far capire che i Pessimi Elementi si divertono insieme dal 2007 e la loro sincerità non si è scalfita nonostante i vari cambi di line-up; che se vi piace la loro musica è bene altrimenti a loro non gliene frega assolutamente nulla, com’è giusto che sia; che il punk italiano non è morto affatto ma, anzi, anche se è forse un po' “stanco e sbronzo” (per citar Caparezza) sopravvive nel sottosuolo e attende di esplodere da un momento all’altro per riconquistare la scena che merita e soprattutto che esistono ancora i comuni mortali che prendono le loro brave chitarre, bassi e batterie e si rinchiudono nei box per cantare la loro visione del mondo senza pensare se la fantomatica industria discografica sarà d’accordo o meno. Per fortuna!
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La recensione Pagani & Malfattori di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-04-27 00:00:00
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