In attesa della fine, un viaggio al ritmo delle musiche del mondo.
“Ho realizzato che questa piccola isola, che amo così profondamente, è di fatto solo una piccola isola nell'emisfero nord”. Lo dice Damon Albarn nel documentario “No Distance Left to Run”, ed è una semplice osservazione che dice tantissimo: che sia l'Inghilterra, l'Italia, l'Europa, quello in cui viviamo lo consideriamo troppo spesso il nostro mondo, mentre sarebbe utile ricordarsi che del mondo è solo una piccola parte.
Gli Indianizer sembrano ricordarselo benissimo: il collettivo – formato da membri che arrivano da Foxhound, Maniaxxx, Deian e Lorsoglabro e Jumpin' Quails – è di Torino, Italia, ma ha lo sguardo aperto a vedere ben al di là delle Alpi e di ogni confine fisico, mentale e musicale. E così una cosa che si dice di frequente e a volte a sproposito, nel caso di “Neon Hawaii” diventa un dato comprovato e indiscutibile: questo disco è un viaggio. O meglio ancora, un racconto di viaggio. Che sviluppa la sua trama – Una ciurma che nel quarto millennio, a un passo dalla fine del mondo, attraversa una terra popolata dagli ultimi discendenti della razza umana, gli Uropani, verso il Polo di Attrazione Universale (le Hawaii) nella speranza di essere salvati dagli alieni – in un percorso di canzoni concatenate quasi senza soluzione di continuità, che su una strada lastricata di contorsioni neopsichedeliche, suoni rubati alla natura, battiti world music, moti ondosi, ritmi forsennati, momenti di pace profonda, segue un cammino sì già tracciato da esploratori come Animal Collective, Django Django, il suddetto Albarn, ma lo fa senza mai smettere di cercare il proprio passo, il proprio mezzo e la propria meta. Che sicuramente sarà solo una sosta, prima di ripartire alla scoperta di nuove isole, nuove strade e nuove musiche.
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La recensione Neon Hawaii di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-11-30 09:55:00
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