Una neo-psichedelia timida che riprende gli stessi elementi new wave dei lavori precedenti della band
Semplice è sempre meglio? Nelle scienze relative questa dicotomia viene spiegata dal celeberrimo principio metodologico del "Rasoio di Occam" che consiglia di preferire la teoria più semplice nel caso in cui si debba scegliere tra due soluzioni apparentemente uguali, il tutto per introdurre un minore numero di nuove ipotesi e aggiungere minore complessità.
I Fusch ci dimostrano che questo approccio filosofico sia applicabile anche al campo della produzione musicale: "Chemical Light" è infatti il loro quinto album in poco meno di quattro anni e porta avanti il percorso ambizioso e soprattutto coraggioso iniziato nel 2012 con "Corinto".
Abbandonate le sonorità decisamente più tendenti al post-rock dei primi album, i Fusch decidono di addentrarsi maggiormente nel campo della sperimentazione sonora: i ritmi si abbassano, le influenze psichedeliche aumentano ma si rimane sempre delusi da un certo senso di incompiutezza. Il disco, manifesto dell'inadeguatezza e disagio di rapportarsi al mondo moderno, è costellato da elementi cari alla band che vanno dalla solita batteria cadenzata e ripetitiva, powerchords fin troppo distorti e tastiere elementari.
Questa semplicità unita al rifiuto di staccarsi dai lavori precedenti per accogliere nuove correnti di pensiero e confrontarsi con sonorità mai incontrate prima, denota la volontà della band di rimanere nel proprio locus amoenus di new wave psichedelica di stampo italiano dove i componenti della band si trovano al sicuro e al riparo da contaminazioni esterne.
In questo caso però, la strada più semplice e conservativa utilizzata dai Fusch non denota certo un risultato totalmente apprezzabile. Nonostante l'inserimento di un elemento di imprevedibilità come l'improvvisazione, il lavoro nel complesso non entusiasma denotando una mancanza di ispirazione comunicata anche dal cantato a tratti impreciso e monotonale della cantante Mariateresa Regazzoni.
Ogni band ha un percorso o meglio dovrebbe averlo, ed è sempre difficile definire quelli che potrebbero essere gli step futuri di un artista in quanto il divenire compositivo non è qualcosa che può essere programmato ma necessita di un'alta dose di ricerca, produzione, ripensamento e rielaborazione volta anche a creare un senso di attesa nell'ascoltatore. Data la grande prolificità della band speriamo presto in un lavoro che si distacchi dai dischi finora prodotti riportando quella ventata di freschezza e autenticità che si era avvertita con il loro primo lp.
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La recensione Chemical Light di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-01-21 09:30:00
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