L'esordio degli Oldthink è pieno di buone intenzioni, ma finisce per essere un collage poco ordinato di suggestioni poco conciliabili fra loro e anche già sentite
“HUMANKIND” degli Oldthink è un disco ambizioso, che dà l’impressione di non voler rinunciare a nulla e di voler fare qualcosa del tipo, e in effetti qui posso citare il presskit, “assorbire l’alternative rock dalle sue origini più profonde fino alle sue fasi più sperimentali”. Insomma, un approccio coraggioso che spesso si accompagna alla scarsa esperienza, e forse non c’è da stupirsi troppo che questa ambizione totalizzante si risolva in una effettiva mancanza di coerenza all’interno del disco.
Fa uno strano effetti ritrovarsi, dopo l’apertura a suon di alternative metal melodico con “Universal Revolution” e “What is Life?”, davanti all’andamento punk di “Esopo” e al suo mood danzereccio con tanto di synth scanzonato; così come “Il Festival della Canzone Italiana”, mentre si scaglia contro la banalità della musica italiana senza però smarcarsi dal ruolo di classico pezzo rock italico con nanana d’ordinanza, stona decisamente con “Parallel Apocalypse” e “Revoge”, due brani in pieno stile Muse di “Black Holes”/”Resistance” con tutto l’armamentario di cori, sequencer e whammy e apocalissi che questo comporta (e che in realtà, al netto della scarsa originalità e di un paio di momenti sing-along troppo telefonati, costituiscono anche il momento meglio riuscito e più curato del disco).
Insomma, gli Oldthink hanno molte idee, ma sono ancora confuse; del resto la formazione deve anche crescere ancora per poterle tradurre efficacemente in musica; per ora ci sono imprecisioni ritmiche, canore e di pronuncia, c’è songwriting confusionario e scolastico abbinato ad un immaginario altrettanto pedissequamente ripreso dalla storia recente dell’alternative, insomma ci sono vari elementi che gettano una pesante aura di amatorialità su quasi tutto il disco. Del resto parliamo di una formazione giovane che ha tutto il diritto di essere ancora immatura e che probabilmente può solo crescere e imparare a conoscersi e tirare fuori un’identità più definita e matura.
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La recensione HUMANKIND di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-17 09:55:00
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