Clowns From Other SpaceZeng2015 - Indie, Alternativo

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La band si presenta al pubblico con un ottimo esordio che esplora sonorità che vanno dal postrock ai primi Radiohead sino ai Cloud Nothing

Impossibile, una volta premuto play, non sentire nella traccia d’apertura l’essenza dei Radiohead. La voce, che trascina le parole fuori dalla bocca quasi a forza, ricorda inevitabilmente quella di Thom Yorke, e anche alcuni stralci di melodia riportano a quelli presenti nel secondo storico lavoro “The Bends”. E se il mondo fosse semplice e facile ci saremmo potuti fermare qui con la catalogazione di questo gruppo teramano, avremmo potuto velocemente identificarlo come una onesta band che vuole riassaporare il lato meno mainstream del britpop. La verità però è tutt’altra e basta la seconda traccia, “Eze’s Story”, per provarlo. La voce che quasi inaspettatamente si tira su, la melodia che ricorda più i Clasho i Blur, il riff frenetico e ben distinto dal corpo musicale, ma che nel ritornello esplode creando una sfera sonora in cui racchiudere il cantato. Alla terza canzone il gioco cambia ancora tirando fuori un possente post-rock che rende ancora più complicato afferrare l’essenza dell’lp. In mezzo troviamo anche la tensione dei Cloud Nothing e i Deerhunterdi “Fading Frontier” - immancabili questi ultimi, dato che con la band di Oxford condividono più di un legame sonoro. Di accostamenti probabilmente se ne potrebbero continuare a fare a decine, ma è quasi inevitabile andare a spanne poiché sarebbe difficile riuscire a trovarne uno che inglobi tutto quello che i Clowns From Other Space hanno da offrire.

Il resto del di disco prosegue tra la finta calma di “In The Pressure” e l’oppressione di “How To Become a Fool”. “Walled Word” riprende nel più classico dei modi la semplicità del britpop, mentre in “Verve” viene fuori quella duplice anima tra pace e rabbia già propria di “Anyone Can Play Guitar”. Chiude “Scenes”, suite in cui vengono compresse in quattro minuti scarsi almeno due canzoni che si contendono esattamente 2:01 a testa: la parte antecedente alla metà è una malinconica ballad dall’arrangiamento scarno, la parte successiva invece è quella in cui succede di tutto tra martellamenti di batteria, assoli, pause e riprese. I Cloud Nothing già citati qua fanno sentire tutto il loro peso.

Un esordio che è un po’ più che un esordio, “Zeng” è un album che va oltre il suo mero compito e sorprende positivamente, per la potenza, la grinta, la versatilità. È un disco che porta l’ascoltatore in una dimensione tutta sua, lo tira dentro di sé e gli fa assaporare l’Altro Spazio. Un ottimo ascolto per chiudere questo 2015 musicale con soddisfazione o aprire il venturo 2016 nel migliore dei modi.

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La recensione Zeng di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-12-28 09:35:00

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