SICK BOYS REVUE
Sick Tales 2015 - Rock, Punk, Punk rock

Sick Tales
05/01/2016 - 10:00 Scritto da Antonio Romano

L'album d'esordio della punk band di Follonica che vuole suonare il rock'n'roll come ce lo ha insegnato Mick Ness

Confesso di aver trovato difficile approcciarmi a un disco, come questo, di una ex-cover band che, smesso di riproporre il repertorio dei propri idoli musicali, e avendo deciso di mettersi a scrivere pezzi propri, è rimasta, però, sostanzialmente la stessa cover band di prima che continua a tributare quegli idoli non solo nel look e nell’immaginario di riferimento, ma anche nell’impostazione vocale del cantante e nella struttura dei pezzi.

Già prima dell’ascolto di “Sick Tales”, il nome stesso del gruppo, la copertina ispirata allo stile dei gangster della Chicago degli anni ’30 e la eight ball riconducevano in modo inequivocabile al rock’n’roll dei Social Distortion, e durante l’ascolto l’impressione iniziale non fa che riconfermarsi brano dopo brano, per un totale di dieci episodi, nessuno dei quali fa registrare alcun conato verso l’emancipazione dallo stile ormai definito e riconoscibile della band di Mick Mess.
Ma.
Emendato da queste necessarie impressioni iniziali, l’album d’esordio del combo di Follonica si fa ascoltare che è una goduria, a partire da “Sick Boys Rock’n’Roll” che è quasi un biglietto da visita, sonoro e attitudinale, ribadito anche in “People Call Me Sick”: approccio street ad un sound melodico, muri di chitarre e cori a profusione. E i restanti brani scorrono tutti lungo queste coordinate, a volte con inflessioni più roots, che me li fanno accostare ai nostri Peawees (“By My Side” e “Contradiction In My Town”) e altre accentuando il volto più sporco e duro, sempre però profondamente americano, del suono (“Panem et Circenses” e “People Can’t Change” su tutte).
Un album, in definitiva, che, se da un lato evidenzia abbastanza limiti in fase compositiva e di personalità, dall’altro spiega le ampie possibilità di progresso che, correggendo il tiro, potrebbero aprirsi davanti a questi ragazzi malati che vogliono suonare il rock’n’roll, quello senza retorica e lustrini, come ce lo hanno insegnato i maestri, da Hank Williams a Mick Ness.

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