Seguire la passione: questo è ciò che fanno i milanesi My Own Voice, come proclamano fieramente in “What is this?”. Una passione che dagli adolescenziali ascolti di punk e hc melodico -come i Good Riddance - li ha portati ai Raised Fist e quindi ad uno stile molto più duro. Una passione che non vuole esser lavoro ma solo volontà di esprimersi. La musica ricalca quindi una lezione che ormai data a più di un decennio orsono; le influenze metal si fanno sentire tanto e spesso, in ogni brano, soprattutto nella voce, che mostra a tratti alcune incertezze.
I pezzi si presentano comunque con stacchi e cambi ben fatti, arginando l’intrinseca staticità del genere, e dopo un po’ di ascolti si fanno anche apprezzare nella loro individualità (soprattutto la già citata “What is this?” o l’incipit di “Don’t complain”). I testi, in inglese, rimangono purtroppo nei confini tracciati: da una parte, da un indefinito e qualunquistico impegno morale-politico, dall’altro, dall’adolescenziale rabbioso bisogno di autodefinizione.
Nel complesso purtroppo si ricava un’impressione di ‘già visto’ e ‘già sentito’ - nonostante il tutto sia ben suonato e ben realizzato - e non riesce ad incidere, né tantomeno a graffiare davvero, probabilmente perché la band è ancora acerba. Così, pur avendo acquisito le nozioni di base, deve ancora trovare una sua ‘personalità’.
Preso quindi nel complesso, questo “The dinner of asches” si può consigliare solo ai cultori del genere, in attesa di un’ulteriore prova dei My Own Voice.
Unica annotazione: si opti nelle prossime occasioni per la lingua madre, affinché il messaggio espresso nelle liriche possa essere di facile comprensione.
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La recensione The dinner of the ashes di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-04-03 00:00:00
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