I Cinema Noir hanno scelto la musica strumentale perché “a volte – loro stessi dicono – le parole non sono necessarie”. Basta ascoltarli, infatti, e si capisce subito il motivo di questa affermazione. Le parole sono superflue perché il loro post-rock, sapientemente mescolato all’elettronica, ci conduce dentro un viaggio avvincente, pieno di sorprese e di sperimentazioni, che ora ci fa entrare, con una buona dose di distorsioni e delay, in una dimensione irreale come nel caso di “Plancton”, ora ci rapisce con una malinconica rabbia come in “Fernweh”.
Il viaggio poi continua e ci trasporta verso lande verdi e cieli tersi, grazie a “Parrots and Palms”, in cui si riconosce chiara e tonda l’influenza dei Sigur Ros e dei Mogwai.
Ma i Cinema Noir non sono ancora soddisfatti e ci regalano una sorpresa, anzi due: la versione remix di "Persepolis", brano di apertura di "Good Morning Utopia" di Veivecura, interessante artista del panorama indie-pop, e la rielaborazione, questa volta cantata, della title track ad opera dello stesso musicista indie, anch'egli siciliano, la cui collaborazione rappresenta una delle novità del nuovo ep dei Cinema Noir.
Ciò che piace di “Fernweh” è il fatto che ci fa attraversare una tovolozza di sentimenti e sensazioni piuttosto variegata, contribuendo a mantenere costante l’attenzione fino all'ultima nota e dispensando suggestioni che non svaniscono subito, ma tengono compagnia per un bel po’. In questo modo la band siciliana, al suo terzo lavoro, dimostra di saper andare oltre la mera esecuzione nozionistica di uno o più generi, cosa non sempre facile e scontata da dimostrare.
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