La prossima volta che sentirete il nome di Adriano Viterbini, penserete a lui come il Ry Cooder italiano. E sarà tutto fuorché un'esagerazione
Viterbini chi? Ah, ma quello dei Bud Spencer Blues Explosion! Ecco, sì, certo, ma anche no. Sì, nel senso che ovviamente è lui, anche se fa un migliaio di altre cose (per esempio qualche tempo fa era nella band di Fabi-Silvestri-Gazzé); no nel senso che quando si presenta con il suo nome e cognome (e la sua chitarra, questo è scontato) fa qualcosa di profondamente diverso.
Per prima cosa, non canta. Se ci dev'essere un pezzo cantato, lo affida ad altri. Seconda cosa, i suoi orizzonti sono ampi, molto più ampi di quelli che può permettersi in un progetto come i BSBE. Il trait d'union è sempre il blues, ma già nel primo lavoro (splendido) pubblicato come solista, "Goldfoil", aveva fatto intravedere le varie diramazioni che può avere un percorso come il suo.
Percorso che in questo secondo capitolo (altrettanto splendido) si delinea con maggiore decisione: il legame con la musica etnica, africana o sudamericana, con brani che partono da spunti percussivi, come "Tubi innocenti"; la costruzione delle atmosfere, il riff ripetuto che cresce fino a diventare racconto, o colonna sonora ("Nemi"); la ballata strumentale, vecchio stile, di quelle che non si scrivono più ma che hanno fatto la storia, non solo della musica da film (le prime che mi vengono in mente sono diversissime tra loro, "Zorba" e "Black mountain side", quella di Adriano si chiama "Solo perle" e sembra stare a metà tra le due, come idea di fondo); il sound del deserto, che sia col sole che sorge ("Welcome Ada"), all'ora della siesta sulla frontiera messicana ("Mondo Slack Key"), o in attesa della resa dei conti ("Bakelite").
Tutti pezzi da immaginare, oltre che da ascoltare, come chiarisce lo stesso Adriano, che ha volutamente giocato sul nome del proiettore anni '40 che ha usato come amplificatore per registrare il disco, "Filmosound" appunto.
Come se non fosse abbastanza, ha attinto alla sua collezione di dischi per proporre le sue personalissime versioni di alcune pietre miliari: "Sleepwalk" di Santo & Johnny, in primis, altro esempio immortale di ballata vecchio stile che tra le corde di Adriano non solo non perde un grammo della sua delicatezza retrò, ma guadagna un pizzico di stravaganza, con una tessitura sonora che stringe il folk nelle maglie della psichedelia; o "Malaika", celebre brano in swahili interpretato tra gli altri da Harry Belafonte e Miriam Makeba, che, spogliato di ogni fronzolo ritmico e del cantato, affidato alla tromba di Ramon Caraballo (uno degli ospiti d'eccezione del disco), diventa uno di quei rari pezzi in grado di farti dimenticare tutto per qualche minuto e riconciliarti col mondo.
E questo non è neanche l'apice del disco, che arriva col brano subito seguente, l'unico cantato. È "Bring It On Home", una delle innumerevoli perle regalateci da quel benefattore dell'umanità che risponde(va) al nome di Sam Cooke. Qui è cantata da Alberto Ferrari, con la sola chitarra di Viterbini ad accompagnare: e non solo non manca niente, ma è anche - lo converranno persino i detrattori dei Verdena - una versione da pelle d'oca, che una volta ascoltata comincia a rigirarti in testa per tutto il giorno.
Infine il congedo, l'ultimo brano, un altro classicone come "Five Hundred Miles", suonato in punta di dita, con un lirismo che mai scade nell'eccessivo, con un gusto e una ricerca del suono perfetto che in Italia probabilmente non ha eguali. Ecco, la prossima volta che sentirete il nome di Adriano Viterbini, dopo aver ascoltato questo disco (e anche il precedente, già che ci siete), penserete a lui come il Ry Cooder italiano. E sarà tutto fuorché un'esagerazione.
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La recensione Film O Sound di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-10-26 00:00:00
COMMENTI (1)
Concordo. Un album ispirato, poetico, realizzato per il solo genuino piacere di provare piacere a fare della Musica, che alla fine si rivela di ottima fattura.
Lo avrebbe potuto comperare mio padre 40 anni fa per goderselo sul suo Hi Fi, chiedendo poi a me di fargliene una cassetta per la macchina :)
Così, le cassette diventavano rapidamente due.