Dopo essersi confrontato, negli anni, con il rock, il funky e la fusion, Oolite, al secolo Vito Pagliarulo, ha deciso di giocare la sua nuova partita sonora facendo ricorso ad ambientazioni l’elettro-acustiche-sperimentali, in cui protagonista incontrastata e filo conduttore è la chitarra. Le dieci tracce che compongono “Yawn” mirano a farci entrar in una realtà onirica cangiate: dalle strade polverose, assolate e solitarie, a quei luoghi scuri ed essenziali delle architetture post-industriali, passando per paesaggi moreschi e colorati, grazie anche all’utilizzo parsimonioso e ben assestato di suoni ambientali.
Il secondo album di Pagliarulo è musicalmente interessante – fonde bene elementi folk come la ballata con slide “Prehistoric Hunter’s Heaven”, con altri dalle venature psichedeliche come “Slowdow, Dawn”, e con altri ancora della bossanova di “Reflective”, o del prog di “Frog Bretons”.
La parte strumentale convince molto di più di quella cantata, che rende meno a causa di un inglese non proprio impeccabile, e di linee melodiche troppo complesse su musiche già parecchio strutturate dal punto di vista armonico. Un cantato più semplice avrebbe consentito un miglior bilanciamento dei brani, che in ogni caso raggiungono lo scopo di farci compiere un viaggio ad occhi chiusi. D’altronde non è casuale che “Yawn” in italiano significhi sbadiglio. A voi l’ardua scelta se è uno sbadiglio che precede il sonno (e poi il sogno), o segue l'ascolto.
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