Quartetto torinese dedito a un progressive strumentale, i Ronny Taylor non seguono certo la falsariga di ciò che la gente comunemente associa al termine “prog”, ovvero il rock sinfonico e barocco di band come Genesis o Yes. No, no, no: i Ronny Taylor si collocano al centro di un triangolo ideale che ha i suoi vertici nell'irriverente sarcasmo in salsa jazz-rock di Frank Zappa, nell'avventurismo frenetico dei King Crimson (quelli dei Mark III e IV), nello sberleffo muscolare dei Primus, non disdegnando però sonorità che possono evocare quelle dei Calibro 35 e di tutti i compositori italiani degli anni '70 cui essi si ispirano.
La componente ironica e sarcastica è particolarmente evidente fin dal titolo: chiamare “Karaoke” un album strumentale è un calembour da Commedia dell'Arte, converrete. E così titoli come “Pritish Bop” (che capovolge, grazie allo scambio di consonante, un genere musicale alieno dai nostri nel “Bop di Pritish”, che è un nome indiano) o “Bambini di legno per giocatoli di carne” o ancora “Circlepit, squarepit, trianglepit” evidenziano un gusto del capovolgimento paradossale molto zappiano. I musicisti sono quadrati, suonano bene, sono in grado di sposare creativamente piccole citazioni ultrapop con partiture che le stravolgono (abitudine di derivazione jazzistica) e danno vita a un disco cerebrale ma anche piacevole, pur nella mancanza del pezzo travolgente e memorabile.
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