Elton Junk Piss on a dead tree and see it grow 2002 - Sperimentale, Rock, Indie

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Devo molte, personali scuse agli Elton Junk. Per il ritardo madornale con cui mi accingo a recensirli, per averli lasciati marcire nella polvere, manco fossero uno dei tanti gruppetti presuntuosi che il mio inconscio, semplicemente, mi impedisce di affrontare. Soprattutto perché avevo già elogiato il loro “Moods” su queste stesse pagine, ritenendolo (tutt’ora) una delle prove migliori che mi fosse capitato di ricevere da parte di un gruppo di giovani senza contratto o produzione alcuna, e perché, quest’altro “Piss on a dead tree and see it grow” non scalfisce di un solo millimetro l’idea, esclusivamente positiva, che mi sono fatto di costoro. Anzi.

Che dire dunque?

Innanzitutto che i quattro senesi (ora di stanza in quel di Bologna) sono ancora vivi, vegeti ed attivissimi: pare insomma che non se la siano presa più di tanto e che non abbiano fatto il madornale errore di sparire sotto il peso dello sconforto per la mancata recensione, e sembrerebbe, anzi, che se ne siano dimenticati pure loro! Ma si venga al dunque.

Se il precedente lavoro aveva colpito per l’insofferenza rispetto a schemi e modalità ben definite, per l’evidente gusto della contaminazione, ma soprattutto per l’irriverente attitudine punk che lo contraddistingueva, ci troviamo qui di fronte ad un’operazione altrettanto sorprendente ma ben più marcata da tinte “post”, maggiormente cupa, elaborata, che non concede spazi al divertissement puro e semplice, ma si lancia in ipnotiche cavalcate, fulmini di violenta psichedelia, melodie a dir poco emozionanti, che non scadono mai, nemmeno quando ci si confronta con l’italiano. Illuminante, a tal proposito, la folkeggiante “Calamita”, dotata di un testo notevole oltre che di una melodia semplicemente perfetta.

Torna in modo prepotente il fantasma di Jim Morrison che s’insinua nelle corde vocali di Andrea Tabacco, donandogli una potenza evocativa che rende esperienza catartica l’iniziale, lunghissima “Five kisses”, vero e proprio capolavoro di intrecci melodici, climax atmosferici ed improvvise sfuriate chitarristiche.

Ma non c’è, in realtà, un solo punto debole in tutti i 28 minuti del cd, che si rivela, tra l’altro, prodotto con una maestria e un’inventiva raramente riscontrate in un demo e che, da questo punto di vista, raggiunge il suo apice nella chiusa di “Urge comes when it’s time to go”, agghiacciante agglomerato di voci infantili filtrate insieme a quella del cantante, di scariche elettriche, di continue variazioni stilistiche, perfetta per un film horror a tensione esasperata.

Per quel che mi riguarda indiscutibilmente un grandissimo disco, semplice constatazione di un progetto in continua evoluzione, da tenere d’occhio attendendo (con pazienza, mi raccomando!) che qualcuno decida di aprire il portafogli e produrre questi ragazzi. Come dire: se non loro, chi?

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La recensione Piss on a dead tree and see it grow di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-05-13 00:00:00

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