Buoni per Sanremo, quest’ultima edizione che hanno spacciato per giovane e moderna; gli Altaloma non sarebbero andate male lì. Brani tradizionali, melodici, leggeri, che lasciano il tempo che trovano. Discreti artigiani del pop, gli Altaloma costruiscono canzoni a metà strada tra i Nomadi di qualche anno fa e il Ligabue meno ispirato.
Niente di male fin qui, se non fosse che gli arrangiamenti suonano eccessivamente anonimi e privi di quello spessore che renda credibile una proposta già di per sé fin troppo sentita; inoltre le melodie scontate, i testi non particolarmente originali, una produzione troppo patinata, appiattita dal desiderio di piacere a tutti i costi rendono Confine libertà un disco meno che mediocre.
Certo non è una colpa l’orecchiabilità delle melodie o la semplicità degli arrangiamenti. Anzi! Manca però uno spessore autentico, un’anima. Il disco della band veneta suona troppo asettico, eccessivamente levigato e appiattito su una produzione buona per tutti i gusti e per ogni stagione, per grandi e piccini, senza scontentare nessuno. La voce del cantante, dal timbro non particolarmente interessante, viene sovraesposta in un missaggio tutto da rivedere. Troppo spesso il vocalist vuole strafare, come in “Lacrime di pioggia” o anche in “Baby”, ma non conosce dinamica, e finisce con l’essere monocorde.
Le doppie voci e i coretti (a volte neanche troppo intonati) spuntano dappertutto, come in “Mondo prigione”, un innocuo brano che non lascia alcun segno se non fosse per i cori del refrain che, troppo audaci, finiscono per essere stonati.
“Confine libertà” ha una ritmica che ricorda i Litfiba più commerciali. …”E ancora” potrebbe avere degli spunti interessanti ma si tinge di eccessiva epicità. “Vai” è un hard rock che si rotola negli stilemi della melodia italiana per uscirne senza sapore, quasi stucchevole, senza scatti né vitalità. Stesso discorso anche per “Risveglio d’estate” che ricorda i brani più scanzonati dei Negrita, ma senza l’ironia e la necessaria determinazione d’esecuzione. I sogni ha un sapore molto Sixties, ma manca la lasse. Poesia fantasma è uno dei brani che ho apprezzato di più, una gradevole ballad, sciupata anche qui da una eccessiva sovraesposizione della voce a discapito del sound. Senza spina dorsale i brani “Senza luna” e “Ora che”. “Il mio ricordo” è una ballad lenta e riflessiva ma non convince fino in fondo. La band sembra aver messo molta passione ed energia nella realizzazione di “Confine libertà”, album d’esordio che arriva dopo tre demo, ma purtroppo questo non basta a salvare la qualità del lavoro. Gli Altaloma giocano con gli schemi più classici del rock ma lo annacquano rendendolo un esercizio di stile mal riuscito.
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La recensione Confine libertà di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-06-12 00:00:00
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