I curiosi ingredienti di questo "A solid castle of sand" sono tre ragazzi calabresi, ascolti della migliore new wave, influenze elettroniche del terzo millennio, shock da omicidio di John Lennon (sempre attuale! Intendo: sia il personaggio, sia le sue parole, sia il gesto che ce l’ha strappato) ed un frammento di The end dei Doors.
L’originalità con cui i giovani cosentini, che dichiarano apertamente le loro fonti d’ispirazione, hanno saputo creare il mix è la loro arte.
Si diceva dell’importanza dell’ex-Beatles nell’opera dei Gripweed: ebbene, se vi chiedete da dove provenga questo loro curioso nome dovete proprio andare ad indagare nella carriera cinematografica di John Lennon che nel 1967 lo vede impegnato nella parte di un soldato rispondente al nome di Gripweed. Si tratta ovviamente di un film antimilitarista intitolato "Come vinsi la guerra" ("How I won the war", per la regia di R. Lester).
Il demo è composto da quattro tracce audio ed una video. Il primo brano è “Fatty” ed è una canzone che sa dosare chitarra ed elettronica in un equilibrio che ricorda a tratti, specie nel ritornello, i Placebo dei lavori in studio (dove c’è un produttore che cura i suoni, per intenderci). Un breakbeat introduce la voce stonatamente armonizzata di Cristian e ci racconta di un’uccisione: “the murder”, ripetuto più volte, spicca all’interno della linea melodica e rimane impresso; sicuramente lo canterò presto sotto la doccia!
“3.48 a.m.” è la seconda traccia. Qui si sentono gli ascolti dei fantastici anni ’70 che però non toccano la discografia dei Beatles. Il testo è ricavato da un sms arrivato al leader della band (cosa a dire il vero anacronistica negli anni ’70 ma siamo nel 2004…), a cui Cristian aggiunge un messaggio di risposta. L’elettronica lascia il primo piano ad un sound composto da batteria, da riff di chitarra, da giri di basso e da canto scalcinato (sempre d.o.c. nell’insieme) per un risultato attualmente trendy sulla scia dei nuovi e numerosi gruppi nati tra l’Inghilterra e l’America con il nome preceduto dall’articolo “The”. La terza traccia, “Rain”, inizia con un suono che sembra una porta che si apre per poi chiudersi immediatamente: qualcuno esce e lascia sola una malinconica voce che narra la fine di una storia di amore. Dicono che stia piovendo. L’elettronica ritorna protagonista col suo synth e scandisce l’atmosfera struggente che permea il brano.
Quarto ed ultimo assaggio prima del videoclip è un live: “Sugarplum fairy”. Nei primi 30 secondi sul sintetizzatore entra un cantato che cita apertamente quello di Ian Curtis. Anche le atmosfere sono pianamente Joy Division senza toccare quel senso di angoscia e di disperazione che solo Ian poteva avere. E’ qui il già menzionato pezzo dei Doors, incastrato in una situazione ossessiva che non stride con lo psichedelico blues di Jim Morrison. Fiumi di frasi, associazioni di idee ci riportano ancora al tema dell’uccisione. Frasi shock ricordano, tra gli omicidi commessi o progettati, i presentimenti di Lennon che negli ultimi giorni di vita sentiva avvicinarsi la morte violenta. Finalmente posso vedere i tre Gripweed che ho ascoltato più volte. Versione mpg in bianco e nero di “Fatty”: la band si presenta seria nell’angolo di una stanza, ogni membro armato del suo strumento e truccato rigorosamente in stile dark (con un 10% di glam per il cantante). Il video non annoia affatto anche se è girato in casa a low budget: espedienti di scena e mutevoli inquadrature mi intrattengono mentre ascolto. Sopra una lavagna, posizionata dietro il gruppo, viene composta a più riprese una frase: “Il nostro Dio è stanco, nulla farà per noi. Prepara il viaggio, preparalo solo.”
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La recensione a solid castle of sand di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-06-12 00:00:00
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