Il 26enne perugino Andrea Possiedi si arma di synth, PC e altre diavolerie sparse per assemblare un ponte immaginario – interamente fatto di transistor – tra la sua verde Umbria e la mitteleuropa elettronica degli ultimi 40 anni. Un progetto in realtà già cominciato tre anni fa con un paio di ep di ambientamento (“A struggle between right or wrong” e “Logos”) ma che solo adesso mostra da vicino la sua cristallina fisionomia.
“Soft Power”, oltre a palesare una lodevole memoria storica, ha il gran pregio di non annoiare mai nel suo metodico zigzagare tra mutevoli scenari sintetici, differenziati non solo per genere e collocazione storica ma anche per il diversificato dosaggio atmosferico di puro entertainment da clubbing e serissimo spirito contemplativo. Capita così di apprezzare tra le predominanti textures di derivazione French House – sia di prima generazione, come i Daft Punk e gli AIR (“Fear”, “Vertebrae”), che di seconda come Justice e Kavinsky (“Network” ed “Enigma” su tutte) – anche pregevoli sfumature cosmico-krautiane (“Truth”, “Alokos” e “Doubt”) così come gli ’80 più notturni e radiofonici di stampo New Order (“Every shape”) e persino funzionali citazioni cinematografiche (il monologo tratto da “Network” di Sidney Lumet che introduce “Regime Change”).
Dunque, un lavoro equilibrato e vincente, nelle sue sfaccettature cromatiche, da capitalizzare assolutamente a breve termine per strappare un contratto alla Ed Banger Records di Pedro Winter o una collaborazione formativa con il buon Bernard Sumner. Vai a sapere...
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