L’incipit è deciso: si capisce subito che è rock. Poi Giulio inizia a cantare in anglosassone: si capisce subito che è italiano. E potrei anche finirla qui, ma so che non mi sarei spiegato bene. Diciamo allora che i Kharisma sono un trio composto da discreti musicisti. Legati per più d’un motivo agli Stati Uniti, da quelle parti attingono un gusto per il riff tutto (easy)-hard-rock, un po’ à la Guns n Roses, tanto per capirci. Ma non solo. Essendo infatti nati e cresciuti nel nostro Paese, da questo subiscono il filtro del rock italiano (ho scritto subiscono: non è un caso).
Ciò che ne risulta è un disco dall’ottimo tiro, con canzoni ben strutturate, persino capaci di far muovere il culone. Un disco però totalmente derivativo, cantato, perdipiù, in un inglese francamente ridicolo, persino cacofonico sulla lunga distanza. Se poi l’album ha pacca nelle accelerazioni più rock, cade meschinamente sulle ballatone, dove i suoni e la melodia dei brani cedono senza appiglio.
Così è da segnalarsi fra le migliori “Rubber Man”, dove riecheggia nel finale la chitarra del sempiterno buon Ghigo dei Litfiba (che ritorna anche in “Memories of Tomorrow”, il cui riff è spudoratamente simile a “Eroi del Vento” da “Desaparecido”), mentre assolutamente poco originale e poco riuscita è la doppia “Jealousy”, che prima parte lenta volente struggente, poi si trasforma in sciacquo-punk francamente adolescenziale.
Adolescenziale. Sì. Adolescenziale è l’aggettivo giusto, perfettamente calzante per la penna dei Kharisma d’oggi, il cui inchiostro ancora colora bianco latte. Matureranno? Glielo auguriamo.
---
La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-07-04 00:00:00
COMMENTI