Neo soul, funk e r&b per l'esordio sulla lunga distanza del combo trevisano B-Jay & the Soul Ramblers, che si presenta con nove pezzi autografi e una formazione pimpante nella quale spiccano l'organo hammond, le percussioni e la sezione fiati. Anche se la parte del leone, com'è giusto che sia, spetta al cantante Banji "B-Jay" Tofade: un bel vocione profondo, stile Mario Biondi per intenderci, la giusta dose di tecnica e un pizzico di autoironia quando serve ("Forgetful").
Le linee melodiche dei brani sono senz'altro particolari, decisamente più anni Settanta che anni Sessanta, e ogni tanto qualche elemento a sorpresa (jazz in primis, vista anche l'evidente formazione dei musicisti, ma anche modern soul, latin, crooning e persino un accenno quasi oi! nella seconda parte del già citato opener) fa capolino, dando alla scaletta una piacevole varietà.
I pezzi più efficaci sono probabilmente quelli più diretti, spontanei, come la ballabilissima "Is this love", dai vaghi accenti boogaloo, o "My Sweetest Soul" e "Shake it off", in cui a una strofa dal testo serrato fanno da contraltare decise aperture melodiche affidate al suono dei fiati e dell'hammond di Giulio Campagnolo. Il quale dà il meglio di sé in uno strumentale gioiellino come "Fun-Key" e arricchisce, con un riff essenziale ma cucito su misura, la gospeleggiante "Hold'em close".
Il disco scorre bene, grazie anche alla varietà di cui si accennava, alla solidia sezione ritmica e all'inventiva dei solisti; manca forse la hit, ma in definitiva questo album rappresenta una prima prova di valore, che aggiunge l'ensemble veneto al novero delle giovani formazioni soul italiane da tenere d'occhio.
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