Nulla di particolarmente eclatante questo "I giovani di una volta", disco dallo spirito punk dei torinesi Church Of Violence, che li riporta sulle scene dopo quasi due decenni di assenza.
Nulla di eclatante non perché sia un brutto disco, bensì perché nell'ambito in cui si muove racconta in maniera modesta il presente. Non basta infatti essere stati, in gioventù, dei coetanei di Kina e dei Negazione per poter vivere di luce riflessa, visto e considerato che queste 12 tracce non lasciano il segno. Intendiamoci: i quattro conoscono il mestiere e non si può certo dire siano inesperti nel trattare la materia; lascia però a desiderare ciò che, in altri dischi sui generis, assurge a valore fondamentale, ovvero l'urgenza e la fotta di raccontare certe cose.
I C.O.V. scrivono canzoni seguendo tutti i crismi, ma il loro racconto non sembra in grado di scalfire le emozioni dell'ascoltatore. Non possiamo certo rimproverar loro di riproporre schemi e strutture riconducibili agli anni '90, anche perché sotto questo aspetto funzionano alla perfezione e di credibilità ne hanno da vendere. Tuttavia non basta a rendere questa raccolta particolarmente eccitante (quando scrivo eccitante mi riferisco, nel 2016, al punk dei Lags ad esempio, da cui i quattro torinesi sono distanti anni luce).
Il paradosso é che non riesco ad immaginare una diversa evoluzione del sound della band, talmente risulta granitico e in linea con le coordinate di partenza (e arrivo) della loro cifra stilistica. Persino il featuring di Chef Ragoo su "Acqua e cenere" non sposta di molto il baricentro, a riprova di quanto scritto finora.
In definitiva bravi ma, non me ne vogliano, prescindibili.
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